Tu chiamale, se vuoi, emozioni ...

Ti è mai capitato di sentirti “fuori controllo”? Come se le tue emozioni ti coinvolgessero così tanto da esserne travolto/a?
Come se oltrepassassi una specie di “soglia” oltre la quale tutto è caos e iperattivazione senza possibilità di ripristino dell’equilibrio precedente?
O, viceversa, di sentirti spolpata/o emotivamente, senza forze o frizzata/o?
Quello che ti succede si chiama dis-regolazione emotiva.
Nei mesi che verranno intraprenderemo un viaggio nel mondo delle emozioni: proveremo a spiegare che cosa sono e come funzionano, andremo a vedere cosa significa regolarle e da cosa dipende questo meccanismo.
Infine, guarderemo un po’ più da vicino come mai a volte è molto difficile regolare le nostre emozioni, quanto questo può essere legato a situazioni di sofferenza mentale di vario tipo, e cosa possiamo fare per prenderci cura della nostra dis-regolazione.
Ma partiamo dal principio: che cosa sono le emozioni?
Mi emoziono ergo sum
La nostra epoca ha un rapporto molto particolare con la parola emozione: o la usa come il prezzemolo in qualsiasi discorso per mostrare una sorta di consapevolezza e “intelligenza” legata a questo tema, o la rifugge come fosse la peste, nel timore magari di apparire debole se si mette in bocca questa parola.
Viviamo la nostra vita strattonati da questi due opposti, continuamente combattuti tra l’avvicinarci a queste benedette emozioni e l’evitarle in maniera massiccia perché ci indebolirebbero o ci farebbero perdere tempo.
La notizia del giorno, però, è che le emozioni sono il motore delle vita.
E anche se cerchi di evitarle o di ignorarle loro guideranno comunque i tuoi pensieri e il tuo comportamento. Viceversa, se sei invece consapevole della loro importanza potresti scoprire che ti nascondi dietro la “scusa emotiva” per giustificare pensieri e comportamenti che in qualche modo possono fare male a te e a qualcun altro.
Detto in altri termini, le emozioni sono una componente fondamentale del nostro essere umani e, proprio per questo, è necessario trovare il giusto equilibrio tra il far finta che non esistano e il ripararsi sotto la loro ombra in qualsiasi situazione.
Se ci rifletti un attimo, le emozioni hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita perchè ci permettono di stabilire relazioni, di reagire a delle situazioni particolari, di comunicare, di fare scelte, di agire. Le sfaccettature delle emozioni sono molteplici: spesso possono essere mutevoli e complicate, altre volte diventano quasi “banali” tanto sono ovvie ed immediate. Ciò che fa la differenza è come ce le viviamo e cosa ne facciamo.
E, proprio per questo, le nostre emozioni possono trasformarsi in gabbie oppure essere sinonimo di libertà in base a come le si legge e a come le si “maneggia”. In sostanza, molto dipende dalla nostra Intelligenza Emotiva e da quanto siamo bravi a regolarle.
Fenomenologia dell’esperienza emotiva
Se vai a vedere il significato del termine, emozione deriva dal latino “emovere” che, letteralmente, vuol dire “muovere da”, nel senso di portare fuori un qualcosa, smuovere. E, in effetti, ciò che caratterizza l’esperienza emozionale è una specie di “rottura di un equilibrio”: nel momento in cui ti vivi una data emozione, più o meno piacevole, qualcosa dentro e fuori da te cambia.
Cambia la tua espressione facciale, cambia ciò che senti a livello corporeo, cambia quello che pensi, cambia quello che dici, cambia quello che fai. Questo per dire che parlare di emozioni può essere apparentemente semplice, ma nello stesso tempo complicato perché bisogna considerare molti aspetti.
Il discorso sulle emozioni appare, infatti, complesso e sfaccettato: come ti ho appena accennato, l’emozione è caratterizzata da un’attivazione neurovegetativa e comportamentale, la maggior parte delle volte visibile dall’esterno e in qualche modo oggettivabile, ma anche da un preciso esperire soggettivo, che non è sempre del tutto oggettivabile.
Cercando di operare un tentativo di integrazione, si può dire che l’esperienza emotiva è caratterizzata da correlati biologici specifici (che coinvolgono in particolare delle strutture del cervello chiamate amigdala e ipotalamo), ma che il coinvolgimento delle funzioni cerebrali è scandito anche dalla valenza emotiva dello stimolo che scatena l’esperienza emozionale, ed è mediato dalla soggettività legata all’emozione stessa.
Secondo le maggiori teorie a riguardo, le emozioni sarebbero relativamente poche (6 o al massimo 10) e costituirebbero delle entità discrete, cioè distinte le une dalle altre e caratterizzate da configurazioni ben specifiche a livello espressivo, fisiologico, motivazionale ed esperienziale. Sono dette anche emozioni fondamentali, o di base, e sarebbero innate, quindi uguali in tutte le culture (sono felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa).
Tutti gli altri nomi di emozioni si riferirebbero ad emozioni derivate (dette anche complesse perché, in qualche modo, aggiungono una valutazione di te stessa/o in uno specifico contesto situazionale), che dipenderebbero maggiormente dalla cultura e dall’apprendimento.
Se ci pensiamo bene, la funzione primaria delle emozioni è proprio quella di connettere la nostra natura biologica con il mondo nel quale essa stessa si trova inserita. Questo crea un ponte tra ciò che è biologico e fisiologico e ciò che è esperienza soggettiva, confermando ulteriormente l’impossibilità di operare divisioni arbitrarie e, aggiungerei, inutili.
In quanto interfaccia tra interno ed esterno, biologico e psichico, mente e corpo, conscio e inconscio, le emozioni assumono una valenza strettamente adattiva: favoriscono l’auto ed etero regolazione; incidono sul sistema cognitivo, la memoria e il ragionamento; influenzano la motivazione e la decisione; incidono sulle relazioni e la comunicazione in genere.
Ecco perché, secondo la mia liberissima interpretazione, le emozioni “smuovono”: sono componenti essenziali e fondamentali della nostra vita, e questo credo sia innegabile.
Non devi, però, confonderle con i sentimenti: le emozioni sono manifestazioni ben definite e riconoscibili, hanno breve durata e, come abbiamo visto, rappresentano una sorta di reazione ad un qualche tipo di stimolo. I sentimenti, invece, possono avere al loro interno diverse sfumature, sono più duraturi nel tempo e non si verificano per forza in reazione ad un determinato stimolo.
Come funzionano le emozioni
Se andiamo a vedere come funzionano dentro di noi, le emozioni possono essere considerate delle risposte immediate (o quasi) a degli stimoli che possono provenire sia dal nostro interno sia dall’esterno. A questo proposito, uno studioso di nome Le Doux ha dimostrato che esiste un sistema basilare di elaborazione emozionale che opera indipendentemente e al di fuori della nostra esperienza cosciente.
Questa è stata una scoperta importantissima per la psicologia, perché ci ha insegnato che reagiamo alle emozioni ancora prima di esserne consapevoli.
La parte più profonda di noi reagisce quasi sempre immediatamente: non a caso, le strutture del cervello a cui ho accennato sopra sono quelle che si sono formate prima nella storia dell’evoluzione … un po’ come dire che siamo programmati per provare delle emozioni ancora prima di pensare o di ricamarci sopra con il linguaggio.
Potremmo dire, perciò, che le emozioni hanno una componente di attivazione (legata al lavoro implicito di alcune strutture cerebrali specifiche) e una di reazione, cioè di risposta successiva all’attivazione stessa.
Vedremo nei prossimi articoli come già dentro l’attivazione possono esserci delle differenze costituzionali tra una Persona e l’altra: differenze che possono contribuire, poi, a renderci più o meno vulnerabili emotivamente nella nostra “dotazione di base”.
Se ci fai caso, dal funzionamento delle emozioni possiamo trarre una verità molto importante: anche se credi di poter controllare tutto con i tuoi ragionamenti o il tuo pensiero elaborato, in realtà ciò che “smuove” (o non smuove) la tua vita sono proprio le emozioni. E più lotti continuamente per soffocarle, per ignorarle o non farle vedere agli altri, più queste ti prendono in giro, sfuggendo al tuo controllo.
Ed ecco che la regolazione emotiva e la capacità di conoscere e gestire il nostro mondo emotivo diventa importantissima per la nostra salute mentale.
Conosciamo le nostre emozioni principali
Come ho già detto sopra, le emozioni di base sono 6 e sono “smosse” da stimoli ben precisi, hanno delle manifestazioni corporee specifiche, alimentano dei pensieri particolari, e ci spingono ad agire in un certo modo. Ho già trattato in maniera più approfondita questo argomento diversi anni fa e, se ti interessa, puoi andare a ricercare gli articoli relativi.
In questo momento ti voglio dare una panoramica veloce e schematica di queste 6 emozioni di base, giusto per riferirci alla stessa cosa quando usiamo la parola emozione. Partiamo!
Paura: lo stimolo che la attiva è una minaccia di qualche tipo, sia essa contestuale (vedo un serpente davanti a me) o interna (ho il terrore di non ricordare ciò che ho studiato e di andare male all’esame).
E’ un’emozione primitiva, potremmo dire quasi animale, perché si è consolidata nel corso dell’evoluzione per farci scappare dai pericoli e, quindi, farci sopravvivere.
Quando hai paura i tuoi occhi si spalancano, il tuo battito accelera, il respiro si fa più affannoso o vai in apnea, diventi pallida/o, le tue mani sono fredde, l’udito si acuisce.
L’obiettivo della paura è sfuggire al pericolo, sia con la fuga che rimanendo immobilizzati (finta morte).
Le conseguenze della paura possono essere un senso di confusione e disorientamento, la diminuzione dell’attenzione e la perdita di controllo, l’evitamento.
E se dovessimo dare voce alla paura, le sue parole tipiche sarebbero: tensione, terrore, spavento, timore, shock, apprensione, inquietudine.
La paura è un motore immediato per l’azione ma, nello stesso tempo, può anche letteralmente e simbolicamente paralizzarci, portandoci all’evitamento e al blocco dell’azione.
Ecco perché in terapia si lavora tanto sulla paura e sulla possibilità non solo di regolarla e “attraversarla”, ma anche di affrontarla non evitando ciò che ci spaventa.
Tristezza: emozione molto “nota”, direi quasi tipica di molte Persone. La tristezza è attivata da una perdita, anche qui reale (muore una persona a te cara) o simbolica (non ti riconosci più e senti di aver perso parti di te).
Quando sei triste tutto è in sordina, e vivi una sorta di “abbassamento” generale: il tuo umore è a terra, tendi a stare molto in silenzio o a parlare con un filo di voce, il tuo corpo si richiude in se stesso (le spalle curve sono la tipica manifestazione corporea della tristezza, anche se non sempre è così).
La forza fisica viene meno e non sei tonica/o, gli arti si indeboliscono e hai una sensazione di pesantezza corporea, come se dovessi trasportare sulle spalle un peso enorme. La pressione si abbassa e con lei anche la temperatura corporea, i tuoi movimenti sono lenti e in generale il tuo arousal è basso.
Quando sei triste piangi, stai a letto, non hai voglia di fare nulla, non trovi sollievo in alcun modo.
L’obiettivo della tristezza è farci risparmiare il più possibile le forze, fermarci perché la perdita che stiamo vivendo è così importante da non riuscire a farci vedere altro. Tutte le poche energie che ci restano sono impiegate per ricordare ciò che abbiamo perso, rimuginare su cosa poteva andare diversamente, dare anche la colpa a noi se serve.
Le conseguenze della tristezza possono essere il rimuginio, l’insonnia, il pensiero negativo, l’irritabilità, il senso di colpa.
Le parole della tristezza sono: afflizione, depressione, desolazione, ferita, infelicità, malcontento, nostalgia, pena, malinconia, sconfitta, rifiuto, solitudine, sofferenza.
Gioia: per il senso comune è l’emozione dei bambini, come se poi una volta adulti sia davvero arduo rintracciarla nella propria vita! La gioia arriva quando ci succede qualcosa di bello o che ci rende soddisfatti (abbiamo passato un esame importante o ci sentiamo ricambiati a livello sentimentale), e la reazione generale rispetto a questa emozione è l’avvicinamento.
Siamo naturalmente portati ad “avvicinarci” a ciò che ci ha dato gioia, ma siamo anche più aperti al mondo e agli altri in generale, come se l’emozione della gioia ci facesse percepire noi stessi gli altri e il mondo in maniera più positiva.
Quando siamo felici siamo attivati, non riusciamo a stare fermi, sorridiamo, la nostra pressione aumenta come anche il battito cardiaco, la nostra voce è acuta e magari parliamo in maniera accelerata.
La felicità ci porta, quindi, ad essere aperti e cortesi con gli altri, a vedere le cose da una prospettiva più positiva, ad avere una soglia più elevata per le preoccupazioni o il dolore, ad avere fiducia nel futuro e gratitudine.
Le parole della gioia sono: eccitazione, euforia, soddisfazione, giovialità, contentezza, entusiasmo, orgoglio, appagamento, speranza, ottimismo, piacere, diletto, esultanza,ilarità.
Rabbia: è un’emozione molto adattiva, anche se difficilmente tollerata perché la si percepisce come “scomoda” o pericolosa.
Si attiva nel momento in cui percepiamo un ostacolo, ci rendiamo conto di aver subito un’ingiustizia, non ci sentiamo rispettati. E, in conseguenza di ciò, la rabbia ha l’obiettivo di proteggerci, di attaccare per difenderci da una data minaccia o per affrontare l’ostacolo che ci si pone davanti.
Il tema della rabbia è quello di rispondere ad un’ingiustizia di qualche tipo o di far valere noi stessi nel momento in cui non ci sentiamo trattati bene. Anche se non solo, la rabbia è un’emozione molto “relazionale”, nel senso che spesso si verifica in risposta a fenomeni relazionali di vario tipo che ci fanno perdere l’equilibrio.
Proprio per questo il senso comune la associata ad una perdita di controllo, come se quando siamo arrabbiati diventiamo per forza dei mostri pericolosi da cui bisogna stare lontano. In realtà, se gestita nel modo giusto, la rabbia è positiva perché ha la funzione di definire un confine: in altri termini, ci dà la possibilità di far capire al mondo cosa va bene per noi e cosa no, cosa ci ferisce e di cosa abbiamo bisogno.
Quando sei arrabbiata/o la pressione si alza, il respiro si fa affannoso, il battito è accelerato, l’attivazione è maggiore sugli arti superiori. Il tuo volto si fa più colorito e magari inizi a gesticolare, il tono della tua voce si alza, hai i pugni stretti, hai le pupille dilatate e mostri i denti.
Le conseguenze della rabbia sono la diminuzione dell’attenzione, la difficoltà a spostare l’attenzione dalla situazione che ti ha fatto arrabbiare, il rimuginio, l’ottundimento e la confusione, la delusione e la sfiducia.
Le parole della rabbia possono essere: agitazione, amarezza, collera, fastidio, frustrazione, esasperazione, indignazione, furore, ira, ostulità.
Sorpresa: è un’emozione che spesso associamo a qualcosa di bello, come un regalo inaspettato o una festa di cui non sospettavamo nulla. È legata ad una novità di qualche tipo che, ovviamente, può essere anche non piacevole e che, in tal caso, ci porta poi a provare delle altre emozioni collegate ad essa.
La sorpresa, per intenderci, può verificarsi in una frazione di secondo nel momento in cui scopriamo un tradimento, ma viene immediatamente sostituita da rabbia, tristezza o anche disgusto.
La spinta all’azione è quella del capire, dell’indagare per saperne di più, dell’esplorare: è, però, un’emozione così immediata e improvvisa che si spegne subito.
Quando sei sorpresa/o gli occhi e la bocca si spalancano, le pupille si dilatano, le sopracciglia si inarcano, il fiato si ferma per un attimo, e il corpo potrebbe sussultare.
Le parole della sorpresa potrebbero essere: meraviglia, stupore, sbigottimento, spavento, trasalimento, imprevisto, eccitazione.
Disgusto: è un’emozione che viene attivata da una repulsione, da uno stimolo che ci dà un senso di sporco, riluttante, ma anche non corretto in senso etico, che offende la nostra sensibilità.
Soprattutto in epoche passate è stata molto adattiva, perché ci ha permesso di sopravvivere ai pericoli. Quando provi disgusto tendi ad allontanarti dallo stimolo che te lo suscita: la condotta è quella dell’evitamento, non certo dell’andare verso. E’ un’emozione protettiva perché fa sì che cerchiamo di eliminare lo stimolo nocivo e, quindi, ci fa attivare per la risoluzione di uno stato di disagio.
La mimica del disgusto è un po’ quella del conato di vomito e della nausea: il naso si arriccia, potresti avere brividi o pelle d’oca, o potresti avere l’istinto di tirare fuori la lingua.
Le parole del disgusto sono: antipatia, avversione, disprezzo, derisione, nausea, odio, repulsione, ripugnanza, risentimento, sdegno.
Adesso che abbiamo conosciuto un po’ più da vicino le emozioni di base possiamo immaginare meglio quanto sia importante regolare l’esperienza che facciamo di esse, ma anche l’espressione stessa.
Per intenderci, se siamo arrabbiati e non sappiamo fare altro che urlare e distruggere ciò che è esterno a noi le cose non andranno sicuramente bene. Oppure, se la nostra tristezza ci impedisce di andare a lavorare o ci fa tagliare i ponti con qualsiasi essere umano sulla faccia della terra abbiamo, appunto, un bel problema.
Questo per dirti che conoscere e, poi, imparare a regolare le nostre emozioni è uno dei passi cruciali per stare bene con noi stessi e con il mondo.
Ce ne occuperemo nei prossimi articoli, intanto ti lascio qualche titolo utile se vuoi approfondire il tema delle emozioni:
- “Le emozioni che curano”, di Erika Poli.
- “Le emozioni”, di Luigi Anolli.
- “Anatomia emozionale”, di Carlo Gervasi.
- “Mindsight. La nuova scienza della trasformazione personale” di D. Siegel.
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.