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Liber-ando sotto l'ombrellone

Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale


Estate significa anche avere più tempo libero, e per molti è un’occasione per dedicarsi alla lettura. Ecco, quindi, 3 titoli utili per una lettura “riflessiva” ma leggera sotto l’ombrellone.

 

 

“Shinrin Yoku – Ritrovare il benessere con l’arte giapponese del bagno nella foresta”

 

Hai mai provato quella sensazione di calma e rilassamento mentre passeggi nella natura?

Questa è una delle prime cose che accadono quando ci mettiamo in contatto con il verde intorno a noi. E questo è il principio cardine di tutto il libro: se ti permetti di stare più a contatto con le piante e la natura in genere puoi stare meglio.

Lo Shinrin Yoku, che significa letteralmente bagno nella foresta, è una pratica molto diffusa in Giappone ed è una sorta di “rito” che molte Persone fanno andando a camminare nei boschi, nei parchi o in qualsiasi posto che abbia del verde.

E’ stato dimostrato scientificamente che il contatto con la natura ha degli effetti benefici su corpo e psiche, proprio perché favorisce il rilassamento e la riflessione personale e tutto ciò, per ovvi motivi, si ripercuote in maniera ottimale sul nostro sistema immunitario fungendo un po’ da “protezione”.

Tutti questi aspetti sono affrontati in questo libro in maniera approfondita ma semplice e scorrevole, e la trattazione più teorica è accompagnata da racconti di vita vissuta della stessa autrice e, soprattutto, da diversi spunti pratici per immergersi profondamente nella natura in maniera meditativa.

 

3 COSE CHE HO IMPARATO DALLA LETTURA DI QUESTO LIBRO:

 

1. Andare oltre la corsa quotidiana.

 

Uno degli aspetti fondamentali che l’autrice mi ha aiutato a focalizzare meglio è il fatto che tutti, chi più chi meno, viviamo immersi in una realtà nella quale vince chi corre. O, almeno, così abbiamo imparato: se facciamo mille cose in un minuto, se abbiamo cento impegni, se la nostra agenda non ha uno spazio vuoto siamo ok.

Senza nemmeno accorgercene siamo diventati schiavi dell’orologio, degli incastri, degli appuntamenti “programmati in agenda” anche per bere un caffè con gli amici. E, vista così, questa realtà è davvero molto molto triste!

Questa lettura mi ha aiutato ancora di più a fare una fotografia di ciò che viviamo giorno dopo giorno e a riflettere, invece, sull’importanza del fermarsi un po’ di più. Senza prestazioni, senza appuntamenti da assolvere, senza fare: solo essere, stare nel qui ed ora di ciò che si vive, non correre.

E questo dovrebbe essere davvero un allenamento giornaliero per tutti noi, che abbiamo perso la facoltà di stare e di essere perché solo incentrati sul “fare per essere” …

 

2. Il potere curativo della comunione con la natura.

 

Come già anticipato qualche riga sopra, Annette Lavrijsen insiste molto su quanto il contatto con la natura ci trasmetta un senso di calma e rilassamento, che è davvero un toccasana per corpo e psiche. Come dimostra la scienza, immergersi nella natura abbassa la pressione sanguigna, rallenta il battito cardiaco e riduce i livelli di adrenalina, tutti aspetti molto importanti legati alla prevenzione di molte patologie organiche.

Inoltre, non so se anche tu hai mai sperimentato qualcosa del genere, stare a contatto con la natura favorisce un senso di “connessione” con il creato: ascoltare il canto degli uccellini, ammirare la bellezza di un fiore, toccare l’erba, farsi cullare da una brezza leggera è come se aprisse una sorta di “portale” verso un qualcosa difficilmente dicibile a parole.

È come se trovarsi in questo tipo di ambiente favorisca una sorta di “unione” con qualcosa che trascende noi stessi, che va oltre, e che ci dà un senso profondo di pace e pienezza.

Ed ecco che questa esperienza intima e profonda può essere un balsamo importante per le nostre ferite, e ci può aiutare a ritrovare l’equilibrio, a dare il giusto peso alle cose proprio perché in quei momenti ci rendiamo conto di essere parte di qualcosa di più grande di noi e del nostro quotidiano.

 

3. Ritrovare se stessi perdendosi un po’.

 

Un po’ in continuazione del punto precedente, un ultimo aspetto su cui ho riflettuto leggendo il testo è proprio il fatto che, spesso, ci ritroviamo nel momento in cui ci perdiamo.

Detto in altri termini, spostare l’attenzione su un qualcosa “fuori da noi” come la natura ci fa uscire dalle nostre ruminazioni quotidiane e ci fa essere, in un certo senso, più “altruisti” nel senso che riusciamo a guardare oltre noi stessi e la nostra realtà.

E questo, paradossalmente, ha proprio l’effetto di farci ritrovare noi stessi in una maniera molto più sana e direi quasi creativa. Infatti, solo in questo assetto entrano in gioco le domande di senso, le riflessioni su dove siamo e dove stiamo andando, le questioni esistenziali più profonde.

Riflessioni che non sono frutto di ruminazioni ed eccessiva centratura quasi egoistica su noi stessi, ma diventano il frutto spontaneo dell’osservazione di ciò che è fuori da noi e dell’ascolto di una comunione che trascende noi stessi e il nostro quotidiano.

E la bellissima sorpresa che, poi, ne deriva è che riusciamo a trovare delle risposte importanti proprio sullo stesso quotidiano dal quale siamo stati in grado di uscire per un po’.

 

Citazione preferita

 

“Un ritiro nella natura può aiutare a fare il punto e a vedere le cose con maggiore chiarezza. Prendetevi una pausa dal lavoro, dalla vita familiare e sociale, riducete al minimo il flusso di informazioni, e, grazie al rilassamento indotto dal contatto con la natura, avrete la possibilità di guardarvi dentro ed entrare in contatto con la vostra bussola interiore”

 

 

“La cura dei 10 minuti – Trasforma la tua vita un mattino alla volta”

 

Sono sempre molto scettica rispetto a tutti quei manuali che propongono cure miracolose e, soprattutto, veloci da applicare ogni giorno per migliorare la nostra vita! Di fatto, questo piccolo manuale potrebbe sembrare l’ennesimo testo del genere ma, nella sostanza, non lo è.

Scritto da uno psicoterapeuta irlandese, si presenta come una sorta di workout per la mente da mettere in pratica con dei passaggi ben precisi per almeno 10 minuti al giorno: l’aspetto che lo rende un po’ più di qualità rispetto alla miriade di guide miracolose molto simili è il fatto che si basa su alcuni dei più importanti approcci terapeutici del momento.

Va da sé che un manuale del genere non sostituisce in nessun modo il lavoro della psicoterapia, né risolve miracolosamente le nostre ferite e le nostre difficoltà quotidiane: vedilo come uno spunto, con una base scientifica strutturata, per lavorare sul rilassamento e l’equilibrio interiore, e per gestire in maniera più ottimale i vari pensieri disfunzionali che possono incidere negativamente sul nostro modo di affrontare la vita.

 

 

3 COSE CHE HO IMPARATO DALLA LETTURA DI QUESTO LIBRO:

 

1. Il cambiamento richiede pazienza.

 

La lettura e l’esperienza che questo libro permette di fare riconferma dentro di me una verità fondamentale: non puoi conoscerti e accoglierti se hai fretta. Detto in altri termini, un percorso di crescita interiore deve per forza di cose essere graduale e procedere per approssimazioni successive.

E’ vero che anche questo autore, in apparenza, ci dà un tempo molto limitato per il workout (i famosi 10 minuti), ma devi leggere tutto questo come una sorta di “provocazione” in senso buono: come trovi 10 minuti per farti una doccia o per lavarti i denti, li puoi trovare anche per prenderti cura di te!

Questo, però, non significa che in soli 10 minuti avrai risolto tutti i tuoi problemi o che troverai subito il benessere interiore: leggere questo libro, infatti, mi ha fatto sperimentare il sapore della lentezza e della calma.

Siamo abituati a correre e a fare mille cose insieme e, proprio per questo, stare nel ritmo del respiro, come ci propongono alcuni degli esercizi presenti nel libro, ci può far riapprendere il linguaggio dell’attesa e della pazienza.

Un linguaggio di attesa verso noi stessi, cioè pazienza di “aspettare il cambiamento”, nel senso di avere la fiducia nel processo interiore che avviene dentro di noi senza però pretendere di raccogliere subito dei frutti.

 

2. Hai un potere sul modo di leggere le tue cadute.

 

Un’altra verità che mi porto dietro da questa lettura è il fatto che, ovviamente, abbiamo un potere limitato sugli eventi che ci accadono nella vita, né tanto meno possiamo prevedere o prevenire ciò che potrà succederci nel futuro, e non possiamo evitare le ferite che la vita ci riserverà.

Proprio per questo motivo, tendiamo a ruminare molto e a produrre continuamente pensieri disfunzionali con l’illusione di “controllare” le nostre cadute prevenendole. Il libro ci dimostra come questa visione sia assolutamente infondata e ci fornisce degli spunti utili per non far diventare realtà i nostri pensieri che, di fatto, non sono la realtà.

Questo è possibile non colludendo con i nostri pensieri, ma lasciandoli scorrere dentro di noi vivendo il qui ed ora ed imparando a leggere ciò che ci accade in un modo più realistico e utile.

Il presente resta tale, anche con tutte le ferite che si porta dietro, ma la differenza può farla proprio ciò che decidi di fare con le tue ferite, come le leggi e le vivi, come te ne prendi cura, che significato dai loro.

 

3. L’importanza del prendersi cura di sè.

 

Ultimo apprendimento che traggo da questa lettura ha a che vedere con l’importanza dei gesti di cura.

Quando uso il termine cura non mi riferisco certo alla cura di una malattia in senso medico: “cura” come prestare attenzione con delicatezza a qualcosa che per noi è importante.  

E fermarsi 10 minuti per stare con noi stessi è un grande gesto di cura che possiamo regalarci: quante volte mi sento dire che è facile prendersi cura di ciò che è fuori da noi, mentre è molto complicato farlo con noi stessi! Come se valessimo meno, o fossimo meno importanti di ciò che è altro da noi.

Ciò su cui possiamo riflettere leggendo questo libro è quanto sia fondamentale partire prima da noi per darci attenzione e amore, perché solo se stiamo bene noi stessi possiamo fare stare bene anche gli altri.

 

 

Citazione preferita

 

“Tutti stiamo morendo. Per quanto difficile da accettare, è la verità. I buddhisti ci insegnano quanto sia importante ricordare che siamo mortali, perché da questa consapevolezza nasce una sensazione di libertà e comprensione. Anche il nostro momento passerà ed entrerà nella fase successiva, a prescindere dalla nostra fede o spiritualità. Eppure ci sono così tante cose da vivere nel mentre. Tutto sta nel saper dar valore all’esistenza”

 

 

“Wabi Sabi – Scoprire nell’imperfezione la bellezza delle cose”

 

Libro molto denso di nozioni e spunti, wabi sabi è in due parole l’elogio della semplicità e dell’imperfezione. Mi rendo conto che, detta così, questa cosa possa suscitare disinteresse e allontanamento e, probabilmente, se leggendomi hai avuto un immediato moto di rifiuto questo ti dice che sei immersa/o in ciò che Tomas Navarro ci insegna un po’ a rifuggire!

Wabi Sabi è un concetto radicato nella cultura giapponese e non ha una vera e propria traduzione: mette insieme la parola “wabi” (semplicità ed essenza delle cose) con “sabi” (bellezza legata al tempo che passa, caducità), stando ad indicare come la bellezza si nasconda proprio nelle imperfezioni, nella caducità e nell’incompletezza.

Attraverso una storia “educativa” che ha come protagonisti un saggio nonno e il suo giovane nipote, l’autore riprende in ogni capitolo alcuni dei punti fondamentali che vengono fuori dalla storia per lasciarci degli spunti di riflessione e di lavoro a livello personale.

La natura stessa, nel suo ciclo di nascita e morte, è un grande esempio di wabi sabi (pensa alla fioritura dei ciliegi, brevissima ma bellissima nel tempo in cui c’è …): il problema fondamentale, però, è che tutto questo cozza enormemente con la nostra cultura (soprattutto quella occidentale), incentrata su perfezione, prestazione, successo, forza, onnipotenza e via dicendo.

 

3 COSE CHE HO IMPARATO DALLA LETTURA DI QUESTO LIBRO:

 

1. Il paradosso della caducità. 

 

Verità forse scomoda ai più, leggere questo libro mi ha permesso di riconfermare dentro di me il fatto che non possiamo essere né perfetti, né infallibili, né tanto meno eterni. Questo significa che, solo per il fatto di essere umani, saremo esposti per forza di cose a cadute, perdite di ogni genere e, in ultimo, che siamo esseri mortali.

Ma, probabilmente per non soffrire, tendiamo a nascondere questa verità a noi stessi e agli altri o, ancora più semplicemente, a dimenticarcelo; in realtà, solo se ci poniamo in un’ottica di maggiore accettazione di questa verità “scomoda” potremo, magari, vederci con occhi diversi e ricrearci.

Come ci mostra molto bene questo testo, il paradosso della caducità di tutte le cose è proprio che questa importante verità dovrebbe portarci a valorizzare ogni attimo che ci è dato da vivere, a fare tesoro di tutte le esperienze che facciamo, a goderci ciò che siamo e abbiamo già senza inseguire chimere irraggiungibili.

Pensare alla caducità, quindi, non come aspetto triste che ci abbatte ancora di più e ci paralizza, ma proprio come esperienza di risveglio e appunto, paradossalmente, moto di vita.

 

2. Guardarsi con benevolenza.

 

Il grande cambio di prospettiva del wabi sabi ci può permettere anche di regalare a noi stessi e agli altri uno sguardo di compassione positiva e di accettazione incondizionata: proprio perché abbiamo capito che la vera bellezza si nasconde nell’imperfezione, l’approccio che avremo con le nostre manchevolezze e con quelle degli altri potrà diventare più “tollerante”.

Guardarsi con benevolenza supera i pregiudizi, elimina i paragoni e rende la nostra mente e il nostro cuore più aperti e disposti ad abbracciare l’esperienza nella sua interezza e complessità.

La maggior parte delle volte non viviamo vite da copertina (anche se ci sforziamo così tanto di farle apparire tali …) e fare di questo dato di realtà un motivo di gioia invece che di frustrazione, di gratitudine invece che di lamento, credo possa regalarci estrema pace ed equilibrio.

 

3. Elogio del fallimento e della semplicità.  

 

Un po’ in linea con il punto precedente, altro aspetto che mi porto dentro da questa lettura è proprio la possibilità di legittimarsi e legittimare agli altri il fallimento.

Viviamo in un mondo dove siamo educati a non sbagliare, a non mostrarci deboli, a “coprire” qualsiasi possibile segno di fragilità: tutto deve essere perfetto e, quindi, il fallimento nella vita non è ammesso.

Eppure, se ci pensi, apprendiamo molto di più dalle cadute che dai successi, ci resta molto più impresso un qualcosa che non va come vogliamo piuttosto che un qualcosa che fila liscio. E, nonostante ciò, continuiamo spesso ad accanirci contro le cadute, nostre e altrui, e cerchiamo in tutti i modi possibili di rifuggirle.

Vivere in modo wabi sabi ci aiuta anche in questo: se impari a vedere anche bellezza nella caducità, nell’imperfezione e nel fallimento non solo riesci ad vivere meglio le tue cadute ma, ancora più importante, diventi capace di apprezzare le piccole cose della tua vita senza per forza guardare solo a quelle altisonanti cariche di aspettative.

E tutto questo rappresenta una grande liberazione personale.  

 

Citazione preferita

 

“Il miglior consiglio che posso darvi è adottare un approccio wabi sabi: un nuovo modo di vedere le cose, di intenderle, di sentire e di reagire. L’approccio wabi sabi ci consente di trascendere le pressioni che gravano su di noi, come pure i giudizi e i bisogni superflui, per concentrarci sull’unica cosa davvero importante: vivere, arricchire la nostra esistenza … L’approccio wabi sabi è una strategia di potenziamento della vita, specialmente a livello sensoriale, perché tutti i momenti migliori, i più ricchi di sostanza, iniziano con una decisione”

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.