Uno sguardo sulla ferita della Perfezione
Immagina di non sbagliare mai: tutto quello che fai è giusto, bello, riuscito bene, particolare e degno di nota.
Fantastico, giusto? Ma ne sei proprio sicura/o?
Se non ti ritrovi in queste parole, sicuramente conoscerai qualcuno che corrisponde a questa descrizione, non ho dubbi!
Ci sono Persone che, a livello superficiale, sembrano riuscire in tutto quello che fanno, hanno una vita perfetta, una famiglia da Mulino Bianco, sono né troppo grasse né troppo magre, sanno sempre cosa fare e cosa dire nelle varie situazioni.
Ti senti già tra l’infastidito e l’incapace solo leggendomi? Bene, questo è l’effetto che di solito chi ha questo tipo di ferita suscita negli altri.
Dopo l’iniziale ammirazione sfrenata che ti fanno provare, iniziano a suscitare dentro di te una sorta di fastidio mista quasi alla sensazione che tu sei da meno, che non riesci come loro, che non fai le cose bene come le fanno loro.
Ma cosa vivono, in realtà, questi “esseri perfettissimi”?
In realtà, ciò che sembra un grande punto di forza è un grosso punto debole, nonché una grossa schiavitù: il mito di Sisifo descrive quest’uomo condannato dagli dei alla punizione eterna di dover portare un grosso masso su per una montagna, per poi vederlo puntualmente rotolare giù e dover ricominciare da capo.
Se ti riconosci in questa ferita, forse il tuo inferno è proprio questo: vivere con la continua sensazione che devi essere perfetta/o, che non puoi sbagliare mai, che non ti puoi rilassare mai. Capisci bene che tutto questo è inverosimile e che, quindi, continui a portare questo masso verso una cima sempre più irrealistica per poi vedertelo precipitare di nuovo, e via dicendo. E qui sta il dramma …
Perciò, anche se in apparenza chi ha questo tipo di ferita sembra stare benissimo ed essere solido, nel profondo vive l’insoddisfazione di tendere verso un ideale irrealistico che non si raggiungerà mai, con l’obiettivo di uscire vincitore da una gara in particolare: quella del giudizio.
Complimenti, lodi, acclamazioni di ogni tipo: questo è il nutrimento principale di cui hai bisogno. Proprio perché, in origine, hai imparato che potevi venire amata/o solo se eri perfetta/o.
Andiamo alle origini
Da cosa può essere causata questa ferita?
Un bambino ha bisogno di presenza emotiva, di calore, approvazione e supporto soprattutto nell’infanzia: la presenza di un genitore che gli trasferisca il messaggio <<sei importante perché esisti>> è fondamentale per un armonico sviluppo della personalità.
<<Mamma, guarda ho preso bene!>>: immagina una bambina della scuola materna che porta orgogliosa un foglio colorato alla sua mamma. In questi pochi momenti si può giocare una relazione, può essere deciso il destino di una Persona.
Questa mamma potrebbe rispondere in modi diversissimi ma, forse per via della sua storia personale, dice con un tono serio e quasi accusatorio: <<ah bene, era meglio se avessi preso ottimo>>. E immagino, ancora, questa stessa bambina spegnere il suo sorriso e tornare in camera a testa bassa con un messaggio scolpito sul cuore: “Tu non sei abbastanza”.
L’equazione che tende a formarsi (spesso inconsapevolmente) nella testa e nel cuore di chi è vittima della ferita della Perfezione è “Se sarò perfetta/o sarò amata/o”.
Siamo davanti ad una relazione di attaccamento difficile, dove il bambino non è riconosciuto per quello che è, ma per quello che fa o che sa. Parliamo, infatti, di amore condizionato: un amore che esiste “a condizione che …”, e che quindi rischia di essere inarrivabile.
Di fronte ad una situazione del genere il bambino, che per sua natura ha estremo bisogno della vicinanza e della protezione della sua figura di riferimento, tenderà a fare il “bravo bambino”.
Hai mai fatto caso a quei bambini che non disturbano mai, che sono educatissimi, che non si arrabbiano e non chiedono mai nulla, che sono brillanti a scuola e in tutte le attività in cui vengono inseriti?
In apparenza potrebbero essere dei bambini da prendere come esempio, perfetti appunto. Invece, purtroppo, è qui che si annida una ferita profondissima che può scavare solchi enormi nella psiche dei piccoli, influenzando la loro vita in maniera netta.
Se capisco che per essere amata/o devo essere sempre la migliore, non sbagliare mai, essere perfetta in tutto quello che faccio sceglierò, per forza di cose, di mantenere degli standard elevati senza mai lamentarmi. Solo così, forse, potrò ottenere quello di cui ho bisogno: affetto, accettazione, amore.
Il problema, ancora peggio, sorge quando tutti gli sforzi fatti saranno vani: ci sarà sempre qualcuno più bravo di te, oppure quello che farai non sarà mai abbastanza, oppure il tuo risultato verrà “sminuito” come cosa normale e quasi dovuta.
Ed ecco che torniamo al giudizio di cui sopra: queste Persone sono state vittime di un giudizio continuo e, da grandi, diventano dei giudici inflessibili verso loro stesse.
Se ci fai caso, infatti, la dimensione di base che accomuna questa ferita con quella dell’Inadeguatezza è un senso profondo di manchevolezza conseguente ad un giudizio che prima arriva dell’esterno e poi viene internalizzato.
La differenza è che, come già visto, in quel caso la Persona che vive il malessere è “coerente” con ciò che sente e inizia a porsi con se stessa e con il mondo come se non andasse bene, come se fosse da meno. In questo caso, invece, la profonda inadeguatezza di base viene trasformata in perfezione, quasi come fosse una compensazione.
Queste Persone non si sentono da meno e, anzi, riescono a rendersi conto che le loro prestazioni o i loro comportamenti sono spesso al di sopra di un’ipotetica linea di demarcazione del successo. Non si sentono da meno o incapaci, ma la fregatura è che pensano di poter migliorare ancora, che quello che hanno ottenuto è “normale amministrazione”, e che c’è ancora molto da fare.
Incapaci di gioire per le conquiste, dopo una vittoria sono già proiettati verso la prossima sfida, escludendo qualsiasi possibilità di riposo, divertimento, gioco. Questo perché hanno imparato dalle loro figure criterio che quello che sono e fanno non è sufficiente.
Segni e segnali
Le nostre ferite lasciano dei segni evidenti, nel corpo nella psiche e nelle relazioni.
Una fetta importante del mondo della psicologia sostiene che il corpo sia il teatro d’azione della maggior parte delle nostre ferite e dei nostri traumi. Questa è in sostanza la posizione della psicosomatica, della bioenergetica e di tutti quegli approcci che mettono anche il corpo al centro dell’osservazione e dell’intervento sulla Persona.
Posizioni molto attuali, che ci insegnano a guardare il corpo e i suoi segni, come anche tutti i “malesseri” fisici, con un’attenzione particolare alle loro origini psichiche.
Ritorno a citare il libro di Lise Bourbeau, nel quale lei descrive i tratti fisici e le malattie più frequenti di chi vive la ferita dell’Ingiustizia, molto vicina a quella che noi identifichiamo come Perfezione.
Prendi tutto questo con le pinze, ovviamente. Ognuno di noi è unico e ha la sua storia, che non può ridursi ad una forma del corpo o ad una lista di sintomi ma, senza dubbio, ci sono degli aspetti caratteristici che ci possono aiutare a leggerci anche dal punto di vista fisico.
Secondo questa autrice, la caratteristica principale del corpo di queste Persone è la rigidità. Sono Persone che hanno un corpo proporzionato, la maggior parte delle volte tenuto in forma e tonico.
La postura è diritta e fiera, quasi scultorea. L’impressione generale è quella di costrizione, come se avessero una cintura attorno al corpo che li tiene dritti e “serrati”: non è infrequente trovare rigidità mascellare, glutei contratti, schiena e collo rigidi. Il loro sguardo è aperto e vivo, come se tenessero gli occhi bene aperti per controllare l’ambiente.
Infine sono Persone soggette a disturbi sessuali, possono soffrire di malattie il cui nome finisce per “ite” (gastrite, artrite e via dicendo), e possono anche essere soggette a stress con nervosismo, difficoltà a dormire e burn out.
Se andiamo a vedere i segni psichici più evidenti di questo tipo di ferita, ritroviamo in primis una grande rigidità: per esempio, da genitori saranno molto fissati con le routine, gli orari o le regole in genere. A causa di questa rigidità, anche il minimo errore proprio o delle Persone vicine (ahimè, figli compresi!) diventa un fallimento generalizzato e irreparabile.
Altro aspetto caratteristico è il giudizio: abbiamo visto prima da dove arriva e, se adesso andiamo a vedere le conseguenze di questo giudizio, ne viene fuori un quadro molto complesso.
Per essere giudicata/o bene, infatti, tendi a ricercare situazioni e/o attività dove la tua riuscita è quasi certa, oppure tendi a procrastinare, proprio perché vuoi fare le cose in maniera così perfetta che poi finisci per non farle mai. Ti torna?
L’aspetto del giudizio ti rende anche molto sensibile alle critiche: sei molto focalizzata/o e direi quasi “dipendente” dall’approvazione degli altri, oltre ad essere davvero molto brava/o a percepire la disapprovazione altrui anche solo da uno sguardo o dall’inflessione della voce. Hai dovuto imparare a farlo molto presto nella vita, vero?
A livello interno sono Persone che tendono a bloccare le emozioni in genere, rifiutando in particolare quelle spiacevoli, proprio perché a loro va tutto sempre “splendidamente”, o è “tutto chiaro”, o è “certamente un successo” (cito dei termini o modi di dire usati spesso…).
Proprio a causa di questo scarso contatto emotivo, tendi a sembrare poco spontanea/o, come se avessi quasi una maschera.
Nello stesso tempo sei incapace di stare nel qui ed ora: non godi mai dei successi proprio perché sei già proiettata/o verso quelli che non hai ancora realizzato e, di conseguenza, non sei in grado di rilassarti o di viverti il piacere a più livelli. E’ tutto molto pesante per te.
Ogni cosa, anche il divertimento, diventa per assurdo un compito: hai presente quei genitori che riempiono i weekend dei figli con mille attività? Ecco, in tal caso ciò che dovrebbe essere puro piacere e divertimento diventa una corsa a fare il “compitino” per far vedere, magari su instagram, che mamma/papà perfetto sono!
Conseguenza di tutto ciò, ti senti spesso stanca/o e sotto pressione perché non ti puoi permettere di mollare o di chiedere aiuto in quanto questo significherebbe per te essere un fallimento. Le emozioni più familiari per te sono la pressione, la frustrazione, la rabbia, il senso di colpa, l’insoddisfazione.
E qui veniamo ai segnali relazionali tipici di chi ha questa ferita: l’altro è qualcuno da “indottrinare”, qualcuno a cui tu puoi dare dei consigli utili o degli aiuti proprio perché sei capace. Non è infrequente, infatti, ritrovarsi in un incastro di coppia dove un partner ha la ferita della Perfezione e l’altro dell’Inadeguatezza; un incastro dove la ferita di uno rinforza quella dell’altro.
A livello relazionale, tendi ad essere un po’ giudicante, sicuramente con le migliori intenzioni: ti ritrovi, magari, a sottolineare il neo su un qualcosa che ha fatto una tua amica facendola, però, inavvertitamente sentire inadeguata.
Pretendi tanto dagli altri sia sul lavoro che nella vita privata: come a te non è concesso sbagliare, non è concesso purtroppo nemmeno agli altri. La differenza, però, è che mentre la tua perfezione è un dato di fatto immutabile, gli altri devono e possono sbagliare così poi potrai correggerli o aiutarli se cadono.
Si genera un meccanismo un po’ “perverso”, dove si tende ad essere molto presenti e disponibili ad aiutare gli altri ma, a livello più inconscio, questo accade per rinforzare l’immagine di te “vincente” rispetto ad un altro fuori da te che è “perdente”.
L’invidia è un sentimento che spesso arriva puntuale: tendi a paragonarti molto agli altri, fai di tutto per non essere da meno se non meglio, e la competitività è un aspetto che ti caratterizza tanto.
La logica con cui tendi ad approcciarti agli altri, soprattutto con i figli o il partner, è quella del premio-punizione; logica che va a rinforzare l’importanza del fare piuttosto che dell’essere.
Tirando le fila del discorso, potremmo dire che stai molto in relazione con gli altri, che hai bisogno degli altri. Purtroppo, però, questo bisogno è nello stesso tempo rinforzante per la tua ferita e, se non te ne prendi cura, può diventare un motivo di esclusione agito dagli altri nei tuoi confronti.
Prendersi cura della ferita della Perfezione
Come puoi bene immaginare non ci sono miracoli o ricette precostituite per curare le tue ferite. Quello che si può fare è imparare a conoscerle, a prescindere dal tipo di ferita che ti caratterizza.
Conoscere una ferita significa iniziare a leggere ciò che sei, i tuoi pensieri emozioni e comportamenti alla luce di quella ferita e attraverso quella ferita.
Immagina di avere davanti un grande puzzle e di dover piano piano trovare i pezzi per comporre l’opera: avvicinare la propria ferita assomiglia un po’ a questo processo di ricerca e avvicinamento rispetto ad un qualcosa sul quale non hai mai riflettuto e che è sempre venuto fuori in automatico.
Conoscere la propria ferita ci permette, poi, di andarla ad inserire in un quadro più ampio, quello della nostra storia personale e delle nostre origini. Non siamo monadi staccate dall’ambiente e dalle relazioni, ma siamo anche e soprattutto il frutto delle nostre relazioni e del contesto in cui viviamo: ordinare i pezzi del puzzle significa, perciò, tentare di rintracciare dei collegamenti tra presente e passato, creare dei “ponti” che ci permettano di leggere il nostro presente alla luce del nostro passato.
Questo è un passaggio fondamentale che si fa in psicoterapia: ci permette di usare ciò che ci fa male oggi come “gancio” per ritornare all’origine delle nostre ferite e, qui, risanarle man mano.
Dopo la conoscenza, quindi, il passaggio successivo è quello dell’ascolto e dell’accoglienza: non basta conoscere la nostra storia e le nostre ferite per lenirle, bisogna davvero accoglierle dentro di noi dando loro voce.
Dare voce ad una ferita significa far parlare quella parte di te che sta male, che magari non ha avuto modo di farlo in passato e che adesso ha la possibilità di essere compresa e accolta. Dare voce alla ferita significa anche “passarle attraverso”, vivendo finalmente tutto il dolore che questa si porta dietro, per poi superarlo: come dico spesso, medicare una ferita brucia ma, una volta superato il momento, quella medicazione diventa l’unica possibilità di guarigione che abbiamo.
Per quanto riguarda, nello specifico, la ferita della Perfezione, posso dirti che il lavoro della psicoterapia diventa il punto di partenza fondamentale per avvicinarla e occupartene. Spesso, però, la tua stessa ferita ti rende molto difficile, se non impossibile, l’idea di rivolgerti ad un professionista. A volte, succede che sei portata/o a chiedere aiuto su invito di qualcuno a te molto vicino che arriva all’esasperazione e ti chiede di fare un percorso.
Non entro nel merito di queste dinamiche per non spostare il focus, e adesso ti invito a riflettere su alcuni punti che, magari, possono aiutarti a vedere la tua ferita e prendertene cura.
- Rintraccia nel tuo passato delle situazioni simili a quella di malessere o difficoltà che vivi adesso. Se, per esempio, ti senti spesso frustrata/o e sotto pressione perché le cose non sono mai perfette come vorresti prova a rintracciare una situazione passata dove hai provato la stessa cosa o, ancora meglio, dove hai percepito qualcun altro provare quello che provi tu oggi.
- Fai parlare la tua ferita. Nel momento in cui hai trovato quella situazione passata che ti ha suscitato degli stati d’animo simili a quelli del presente, fai parlare la parte di te del passato provando a farle dire come si è sentita, cosa stava succedendo e, soprattutto, di cosa aveva bisogno.
- Dai voce ai tuoi bisogni più profondi. Una volta che ti sei connessa/o con la parte ferita dentro di te permettile e permettiti di dire cosa la farebbe sentire meglio oggi, cosa potrebbe aiutarla a non sentire quel disagio.
- Guardati con compassione. In continuazione del punto precedente, nel momento in cui arrivi ad identificare il tuo bisogno profondo, che magari può essere quello di sentirti amata/o per come sei e non per ciò che fai, inizia ad entrare in contatto con la parte di te bambina. Quella parte che è stata criticata, non approvata o non supportata: guardala con comprensione e compassione. Prova, oggi, a fare un po’ tu il genitore di cui ha ancora bisogno.
- Togliti la maschera. Se sei riuscita/o a sentire davvero il dolore che ti ha accompagnato per una vita intera prova a liberartene un pochino: non hai più bisogno di proteggerti dietro la maschera di una perfezione a tutti i costi, vai bene proprio e soprattutto per le tue imperfezioni.
- Sbaglia. Proprio perché senti la fatica di mantenere degli standard, prova a sbagliare. E se proprio non riesci a sbagliare del tutto inizia con delle piccole sbavature nella tua vita, e renditi conto di quanto siano irrilevanti e di come, magari, verrai apprezzata/o di più dagli altri proprio perché diventi umana/o!
- Inizia a fidarti degli altri. Uno scoglio molto grande di chi vive questo tipo di ferita è proprio quello di relazionarsi agli altri mostrandosi per ciò che si è, e senza temere di venire giudicati come imperfetti in qualche senso. Mettiti alla prova, valuta se mostrandoti “umana/o” gli altri scapperanno o no. Se ciò che di solito tendi a suscitare con la tua corazza di perfezione è antipatia, frustrazione e rifiuto, magari abbassare un pochino la tua maschera ti renderà molto più interessante agli occhi degli altri e sperimenterai davvero che ci può essere un bellissimo scambio alla pari su fragilità ed errori.
Mi rendo conto che il discorso sia molto complesso e articolato, e ho provato a condensarlo in poche pagine pur rendendomi conto di aver messo sul fuoco forse anche troppa carne.
Ti lascio due testi utili se vuoi approfondire il discorso:
“Le 5 ferite e come guarirle”, di Lise Bourbeau.
“Reinventa la tua vita”, di J. E. Young e J.S. Klosko.
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.