Uno sguardo sulla ferita dell'Inadeguatezza
Non vado bene: questo il messaggio sottosoglia che viene scolpito nel cuore di chi vive la ferita dell’Inadeguatezza.
Parliamo di una sensazione di profonda “scomodità nell’essere”, qualcosa di molto simile ad un continuo alert interno che ti dice che non sei adeguata/o, che gli altri sono sempre meglio di te, che non vali nulla, che non sei capace di fare nulla, che non sei ok.
Questi “messaggi” interni possono essere manifesti, nel senso che ti dici proprio frasi del genere, oppure possono presentarsi in maniera più velata con un senso di impostura.
Hai presente quelle Persone che ti sembrano estremamente capaci o adeguate al loro contesto? Bene, immagina che quella Persona dentro si senta, invece, una bugiarda che sta prendendo in giro tutti, come se indossasse una “maschera di adeguatezza” mentre nel profondo di sé è certa di non andare bene.
Questi vissuti possono essere molto invalidanti, perché non ti permettono di vivere la vita con immediatezza e spontaneità: è come se fossi perennemente con il freno a mano tirato, pronta/o ad analizzare ogni tua mossa nel mondo e a giudicarla, ovviamente, sempre in negativo.
Conseguenza di ciò, che rinforza ancora di più la ferita, è che non vivendo a pieno la tua vita tendi a non ascoltarti e a non saper identificare bene chi sei e cosa vuoi: morale, finisci per accusarti di essere un fallimento mentre tutti sono realizzati nella vita, ti dici che non hai interessi o passioni mentre gli altri si creano mille stimoli e sono interessanti, ti vedi da meno rispetto agli altri perché non raggiungi degli obiettivi personali che, nello stesso tempo, non sei in grado di stabilire.
Il dolore di questa ferita può essere a tratti insopportabile e potrebbe portarti anche a vivere dei momenti vicini alla depressione, proprio perché la reazione automatica di fronte al tuo malessere è quella di gettare la spugna e buttarti giù.
Nella maggior parte dei casi, infatti, l’approccio tipico è quello dell’impotenza e della resa, perché non si hanno nemmeno le energie sufficienti per mettersi in gioco o per attivarsi lavorando su di sé per cambiare le cose.
Qui il punto risiede proprio nell’impossibilità di essere se stessi, nell’incapacità di accettarsi così come si è, nella difficoltà ad apprezzarsi nei pregi e nei difetti.
È una ferita talmente radicata dentro di te che hai la sensazione di essere nata/o così e, per questo, fai fatica a vederla come modificabile o, ancora meglio, risanabile: di fatto, è un dolore che la maggior parte delle volte nasce davvero con te o quasi, laddove qualcuno non ti ha permesso di essere te stessa/o e di fare esperienza di te nel bene e nel male.
Andiamo alle origini
Da cosa può essere causata questa ferita?
Un bambino ha bisogno di presenza emotiva, di calore, approvazione e supporto soprattutto nell’infanzia: la presenza di un genitore che gli trasferisca il messaggio <<sei importante perché esisti, e mi interessa molto di te e del tuo benessere>> è fondamentale per un armonico sviluppo della personalità.
Purtroppo, però, non sempre le cose vanno in questo modo e, più spesso di quanto non si pensi, molti bambini si ritrovano a vivere in situazioni dove si verificano “abusi emotivi” molto gravi.
In questa sede parlo di abuso emotivo riferendomi a tutte quelle situazioni nelle quali un adulto di riferimento passa un messaggio diametralmente opposto a quello che ti ho scritto qualche riga fa: è un qualcosa che suona più o meno come <<non va bene il modo il cui esisti>>.
Immagina che questo messaggio venga declinato in modi diversi, che si diramano essenzialmente in 3 direzioni: quella dell’omissione, quella dell’accusa e quella della sostituzione.
La direzione dell’omissione si verifica in tutte quelle situazioni, forse le più frequenti, nelle quali la figura di attaccamento non dice o non manifesta delle cose. Vuoi un esempio? Un bambino di 6 anni prende un buon voto a scuola, e la risposta dei genitori è nulla o quasi, perché danno per scontato che sia così, vedono questo risultato come un dovere del bambino.
Mai un <<mi piace tanto questo aspetto di te>> o un <<bravo>> o <<che bello quello che hai fatto>>: mai, cioè, un rinforzo che faccia sentire quel bambino valorizzato o apprezzato. Da qui, il bambino imparerà che non c’è nulla di speciale in lui, che ha fatto solo il suo dovere o che non sa fare ha nulla di particolare.
Sento già arrivare la tua obiezione: <<Mica si può sempre incensare un bambino, facendogli credere di essere il migliore in tutto o dicendogli sempre bravo!>>. Certo, hai ragione. Qui non stiamo dicendo di inventare falsità o di lodare a caso un qualcosa: nell’omissione, però, un genitore non dice mai, non fa mai da specchio al suo bambino.
E fare da specchio significa aiutare il bambino a vedersi, proprio in una fase di vita dove non è in grado di farlo da solo. All’inizio è il genitore a dovergli riconoscere delle risorse, delle qualità, delle caratteristiche: questo aiuta pian piano il piccolo ad imparare a riconoscersi in quello specchio (certo, meglio se è il più obiettivo possibile!) e a decidere, successivamente, cosa tenere di quell’immagine riflessa e cosa, invece, lasciare andare.
Se, nel caso dell’omissione, il bambino non vede nulla riflesso in quello specchio imparerà, in primis, di essere nulla e non imparerà a conoscersi, non acquisendo consapevolezza di chi è. Secondariamente, apprenderà che, se nessuno gli fa da specchio, non è poi così importante, che non va bene così com’è, che ci deve essere qualcosa che non va in lui.
Situazione molto più “facile” è la direzione dell’accusa: in questo caso, il genitore ti dice palesemente tutto ciò che non va in te o che lui non approva. Parliamo di situazioni nelle quali, molto probabilmente, il genitore vive a sua volta un’altra ferita che vedremo a breve, quella del Perfezionismo.
Esistono genitori ipercritici, pronti a farti notare la minima sbavatura, che pretendono che tu sia sempre impeccabile e che non sbagli mai. Qui accade, però, una cosa ancora più complessa: la critica si estende proprio alla Persona del figlio e non solo all’aspetto specifico che viene criticato.
Non è che l’apprezzamento negativo su un qualcosa che non va bene faccia meno male, ma almeno trasmetterebbe il messaggio che non va quella specifica cosa che il bambino ha fatto o non ha fatto: in questi casi, invece, il giudizio passa spesso per come il bambino è in toto.
Questo lede profondamente la natura stessa del suo essere nel mondo e, proprio per questo, può creare dei solchi molto profondi nella psiche di un esserino in via di sviluppo.
Ecco perché nel mondo dell’educazione si insiste molto sull’approcciarsi al bambino riprendendolo nello specifico per quel dato comportamento, senza dargli appellativi generali o cose del genere.
Banalizzando molto, se un genitore ti dice <<Hai sbagliato a fare questi calcoli di matematica, ma vedrai che la prossima volta andrà meglio se ti eserciti>> è tutto da manuale; se ti dice in malo modo e con una faccia disgustata <<Hai sbagliato i calcoli di matematica!>> potresti sviluppare la ferita del Perfezionismo. Se, infine, ti dice <<Sei un demente e non capisci nulla!>> è molto probabile che svilupperai quella dell’Inadeguatezza.
Un cenno al volo sulla terza direzione, quella della sostituzione. Ci sono quei genitori che si sostituiscono letteralmente ai figli: fanno le cose al posto loro, evitano loro qualsiasi difficoltà o frustrazione, sono invadenti e non favoriscono l’esplorazione. In questi casi è più frequente che si manifesti la ferita delle Pretese o della Dipendenza, ma sotto potrebbe radicarsi anche quella dell’Inadeguatezza.
Se mia mamma o mio papà fanno sempre le cose al mio posto, potrei apprendere che questo succede perché non sono capace, o perché i miei genitori non si fidano di me. Da qui il bambino non si sente stimolato, si vede già sconfitto prima di provare, e sviluppa delle convinzioni di “manchevolezza” a più livelli che, nel tempo, lo porteranno ad adeguarsi al contesto privandolo di riconoscersi un potere agente sulla vita.
E qui mi riferisco a tutte quelle Persone che non esplorano, che fanno magari fatica a conoscere gente nuova, che non si buttano nella vita perché sono profondamente convinte di non essere in grado e di non valere.
Segni e segnali
Le nostre ferite lasciano dei segni evidenti, nel corpo nella psiche e nelle relazioni.
Una fetta importante del mondo della psicologia sostiene che il corpo sia il teatro d’azione della maggior parte delle nostre ferite e dei nostri traumi. Questa è in sostanza la posizione della psicosomatica, della bioenergetica e di tutti quegli approcci che mettono anche il corpo al centro dell’osservazione e dell’intervento sulla Persona.
Posizioni molto attuali, che ci insegnano a guardare il corpo e i suoi segni, come anche tutti i “malesseri” fisici, con un’attenzione particolare alle loro origini psichiche.
Ritorno a citare il libro di Lise Bourbeau, nel quale lei descrive i tratti fisici e le malattie più frequenti di chi vive la ferita dell’Umiliazione, molto vicina a quella che noi identifichiamo come Inadeguatezza.
Prendi tutto questo con le pinze, ovviamente. Ognuno di noi è unico e ha la sua storia, che non può ridursi ad una forma del corpo o ad una lista di sintomi ma, senza dubbio, ci sono degli aspetti caratteristici che ci possono aiutare a leggerci anche dal punto di vista fisico.
Secondo questa autrice, la caratteristica principale del corpo di queste Persone è la rotondità. Sono Persone che possono avere qualche chilo in più o essere proprio obese: è come se il grasso corporeo diventi quasi una “protezione” dall’esterno ma, nello stesso tempo, è anche spesso fonte di ulteriore vergogna. In questi casi il cibo, specie se dolce, diventa quasi una coccola, un porto sicuro nel quale rifugiarsi.
Il loro volto è rotondo, con occhi innocenti come quelli di un bambino; possono vivere delle tensioni nel corpo, specialmente a livello di mandibola e collo.
Infine sono Persone soggette a disturbi alla schiena e agli arti, possono soffrire di diabete o disfunzioni tiroidee, o avere problemi di tipo dermatologico.
Se andiamo a vedere i segni psichici più evidenti di questo tipo di ferita, ritroviamo in primis un grande senso di “scomodità nei propri panni”, che può essere percepito sia in termini emotivi che fisici. Il quadro che ne deriva è di Persone che fanno molta fatica ad accettarsi, che si vedono sempre sbagliate e inadatte e, di conseguenza, appaiono timide e insicure.
Il tema della vergogna è palpabile nei loro vissuti, vivono continuamente con la sensazione di voler sparire o di doversi coprire in tutti i sensi, tanto è forte il senso di vergogna che provano.
Oppure, come già detto all’inizio, sono Persone che si mettono una maschera di adeguatezza, ma che dentro di loro stanno malissimo perché si sentono dei traditori che prendono in giro gli altri.
Poi, un aspetto che le caratterizza è la tendenza ad ipergeneralizzare: proprio come è stato loro insegnato, spesso non sono in grado di guardarsi con obiettività contestualizzando le cose.
Si sentono sbagliati in toto, non riescono a riconoscersi per esempio risorse o qualità perché sono certi di essere inadeguati in senso generale e, di conseguenza, fanno fatica a riflettere su situazioni ben precise e circoscritte che accadono loro.
Al minimo stimolo che conferma la loro idea prendono subito la tangente e traggono la conclusione di non andare bene a prescindere. A questo si lega, poi, un secondo aspetto molto importante, quello dell’ideale irrealistico.
Sono loro stessi i giudici più spietati, perché hanno un ideale interno molto pretenzioso e, soprattutto, irrealistico: il metro che usano è troppo rigido e generalizzato, proprio per questo inarrivabile.
E il fatto che sia molto molto lontano non fa altro che confermare le loro convinzioni di inadeguatezza, invece di stimolarli a porsi il dubbio che sia forse un po’ troppo alto. Qui si inserisce anche la ferita del Perfezionismo, di cui parleremo il mese prossimo, e che ha dei punti in comune con il tipo di sofferenza che stiamo descrivendo adesso.
E qui veniamo ai segnali relazionali tipici di chi ha questa ferita: l’altro è di base sempre meglio, esce vincitore da ogni tipo di paragone. C’è una certa “asimmetria” nel modo di relazionarsi e, proprio perché l’altro è sempre il migliore, può manifestarsi un atteggiamento servizievole: non è infrequente che chi ha questa ferita diventi un po’ la “crocerossina” di tutti, che sia estremamente disponibile e che sacrifichi i suoi bisogni per quelli degli altri.
In generale, questa ferita determina una certa difficoltà a relazionarsi agli altri, sia in termini di amicizia che sentimentali: se l’altro è sempre meglio di me farò fatica ad entrarci in relazione perché mi sentirò sempre da meno, e vivrò con la costante angoscia del rifiuto. In tal caso la Persona che vive questa ferita si circonderà di gente con cui instaura delle relazioni superficiali e limitate nel tempo, o si isolerà quasi completamente adottando la strategia dell’evitamento.
Altra possibilità potrebbe essere quella del reiterare il copione che ha già appreso nel suo passato: si trova, cioè, un partner molto critico, che la farà sentire sbagliata e non adeguata andando a rinforzare proprio l’immagine “difettata” che ha di sé.
Prendersi cura della ferita dell’Inadeguatezza
Come puoi bene immaginare non ci sono miracoli o ricette precostituite per curare le tue ferite. Quello che si può fare è imparare a conoscerle, a prescindere dal tipo di ferita che ti caratterizza.
Conoscere una ferita significa iniziare a leggere ciò che sei, i tuoi pensieri emozioni e comportamenti alla luce di quella ferita e attraverso quella ferita.
Immagina di avere davanti un grande puzzle e di dover piano piano trovare i pezzi per comporre l’opera: avvicinare la propria ferita assomiglia un po’ a questo processo di ricerca e avvicinamento rispetto ad un qualcosa sul quale non hai mai riflettuto e che è sempre venuto fuori in automatico.
Conoscere la propria ferita ci permette, poi, di andarla ad inserire in un quadro più ampio, quello della nostra storia personale e delle nostre origini. Non siamo monadi staccate dall’ambiente e dalle relazioni, ma siamo anche e soprattutto il frutto delle nostre relazioni e del contesto in cui viviamo: ordinare i pezzi del puzzle significa, perciò, tentare di rintracciare dei collegamenti tra presente e passato, creare dei “ponti” che ci permettano di leggere il nostro presente alla luce del nostro passato.
Questo è un passaggio fondamentale che si fa in psicoterapia: ci permette di usare ciò che ci fa male oggi come “gancio” per ritornare all’origine delle nostre ferite e, qui, risanarle man mano.
Dopo la conoscenza, quindi, il passaggio successivo è quello dell’ascolto e dell’accoglienza: non basta conoscere la nostra storia e le nostre ferite per lenirle, bisogna davvero accoglierle dentro di noi dando loro voce.
Dare voce ad una ferita significa far parlare quella parte di te che sta male, che magari non ha avuto modo di farlo in passato e che adesso ha la possibilità di essere compresa e accolta. Dare voce alla ferita significa anche “passarle attraverso”, vivendo finalmente tutto il dolore che questa si porta dietro, per poi superarlo: come dico spesso, medicare una ferita brucia ma, una volta superato il momento, quella medicazione diventa l’unica possibilità di guarigione che abbiamo.
Per quanto riguarda, nello specifico, la ferita dell’Inadeguatezza posso dirti che il lavoro della psicoterapia diventa il punto di partenza fondamentale per avvicinarla e occupartene. Ma, se non vuoi o non puoi intraprendere un percorso al momento, ti invito a riflettere su alcuni punti che ti metto qui in modo molto schematico.
- Rintraccia nel tuo passato delle situazioni simili a quella di malessere o difficoltà che vivi adesso. Se, per esempio, ti senti spesso inadeguata/o o da meno, fai un salto indietro e recupera la prima sensazione vagamente simile a quella che stai vivendo adesso.
- Fai parlare la tua ferita. Nel momento in cui hai trovato quella situazione passata che ti ha suscitato degli stati d’animo simili a quelli del presente, fai parlare la parte di te del passato provando a farle dire come si è sentita, cosa stava succedendo e, soprattutto, di cosa aveva bisogno.
- Dai voce ai tuoi bisogni più profondi. Una volta che ti sei connessa/o con la parte ferita dentro di te permettile e permettiti di dire cosa la farebbe sentire meglio oggi, cosa potrebbe aiutarla a non sentire quel disagio.
- Impara a guardarti con compassione. In continuazione del punto precedente, nel momento in cui arrivi ad identificare il tuo bisogno profondo, parti da te. Inizia ad entrare in contatto con la parte di te bambina che è stata criticata, non approvata o non supportata e guardala con comprensione e compassione. Prova, oggi, a fare un po’ tu il genitore di cui ha ancora bisogno: magari potresti provare a scriverle una lettera dove le rivolgi tutto il tuo affetto e il tuo supporto.
- Ritrovati. Proprio perché senti di non essere adeguata/o e credi di non valere nulla, è necessario che tu provi a ritrovarti. Immagina di essere una Persona sconosciuta e di dover imparare a conoscerti. Conoscere una Persona significa vederne i difetti ma anche i pregi e gli aspetti che più la caratterizzano: approcciati a te stessa/o come se dovessi conoscerti per la prima volta e guardati con obiettività nei tuoi pregi e nei tuoi difetti.
- Impara a non generalizzare. Come abbiamo già spiegato nel paragrafo precedente, il problema fondamentale che hai se vivi questa ferita è la generalizzazione: inizia a valutare le situazioni specifiche di volta in volta man mano che si verificano, e tutte le volte che tendi a dare giudizi disfunzionali e critici alla tua Persona in toto facci caso e fai un passo indietro.
- Inizia a fidarti degli altri. Uno scoglio molto grande di chi vive questo tipo di ferita è proprio quello di relazionarsi agli altri fidandosi, senza temere di venire rifiutati o giudicati come manchevoli in qualche senso. Prima di liquidare una relazione o di legarti a Persone che possono essere tossiche per te, replicando il solito copione, prova a darti valore e a diventare tu il “metro” delle tue relazioni. Non sono sempre e solo gli altri a doverti valutare e scegliere, ma sei anche tu ad avere voce in capitolo e a poter scegliere di circondarti di Persone che ti apprezzano davvero e che ti vogliono bene.
Mi rendo conto che il discorso sia molto complesso e articolato, e ho provato a condensarlo in poche pagine pur rendendomi conto di aver messo sul fuoco forse anche troppa carne.
Ti lascio due testi utili se vuoi approfondire il discorso:
“Le 5 ferite e come guarirle”, di Lise Bourbeau.
“Reinventa la tua vita”, di J. E. Young e J.S. Klosko.
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.