Consapevolezza di sè e dialogo interno
“Non ero in me”, “Questo non sono io”, “Non è da me”: quante volte hai detto queste frasi nella tua vita? Immagino diverse.
Questo succede tutte le volte che agiamo in una certa maniera o diciamo delle cose in un modo non usuale per noi.
Un modo che ci porta quasi a distaccarci da noi stessi, disconoscendoci.
Può capitare di essere in conflitto, e di sentirsi “scollegati” e non congruenti: abbiamo certe visioni e certi valori e, nello stesso tempo, non siamo coerenti con essi. Ed ecco che, poi, ci diciamo queste frasi.
Ma perché succede questo? Chiaramente non esiste un motivo unico e preciso ma, semplificando molto le cose, potremmo dire che in quei momenti abbiamo poca consapevolezza di noi stessi.
Che significa consapevolezza di sé?
Detto in una parola significa ascoltarsi. Significa, cioè, essere capaci di guardarci dentro, di rimanere in contatto con la nostra esperienza interna. Senza censurare nulla, e senza “fare finta” che un certo sentire più o meno scomodo non esista.
Per farti un esempio banale: sei con il tuo partner e vorresti tanto andare a mangiare la pizza. Lui/lei, però, quella sera ha voglia di sushi e tu assecondi la cosa senza ascoltare il fatto che preferisci pizza. Siete seduti al tavolo del giapponese e, senza un apparente motivo, di punto in bianco diventi nervosa/o, annoiata/o, scocciata/o. La tua metà ti chiede cosa c’è e tu dici “non lo so”.
Questo è un esempio molto semplice di cosa vuol dire non essere in contatto: se fossi venuta/o in contatto con la tua frustrazione per il fatto di non riuscire mai ad importi, o magari perché il tuo partner non ti accontenta mai ecc ecc, probabilmente avresti dato al tuo nervosismo una risposta diversa rispetto al classico “non lo so”.
Essere consapevoli di se stessi significa, quindi, essere onesti con noi stessi, guardarci con occhi amorevoli accogliendo qualsiasi cosa arrivi da dentro di noi.
Questo non è sempre facile, anche perché spesso cadiamo nella trappola della perfezione, vogliamo sempre avere l’approvazione degli altri e, per ottenere questa approvazione, tendiamo più o meno inconsciamente a “soffocare” parti di noi.
All’inizio nasciamo congruenti e in contatto: un neonato sa benissimo quando ha fame e si comporta di conseguenza. I bambini sono in contatto con i loro bisogni e, in situazioni sicure, riescono non solo a sentire questi bisogni, ma anche ad esprimerli e soddisfarli.
Ma se, a una certa, io bambino inizio ad apprendere dal mio ambiente che esprimere quel bisogno “non sta bene”, o che la mia esperienza interna è sbagliata perché qualcuno da fuori me lo fa credere, mi scollego da me stesso.
Inizio, cioè, a silenziare alcune parti di me per ottenere l’affetto e l’approvazione dell’Altro importante per me: il prezzo che, però, andrò a pagare sarà l’incongruenza e la mancanza di contatto con me stesso.
Consapevolezza di sé, perciò, significa anche congruenza, fluidità, equilibrio. ascolto e armonizzazione di tutte le nostre parti,
Armonizzare le nostre parti
Lo sapevi che dentro di te c’è un condominio? Ebbene si, è proprio così. Devi immaginare che dentro ciò che tu definisci “me” esistono diverse parti, alcune più consapevoli di altre.
Chiariamo che quello che ti sto raccontando non ha nulla a che vedere con i vari disturbi psichiatrici che hanno alla base la dissociazione: quella è l’estremizzazione dolorosa del non contatto e della scissione e, spesso, si manifesta perché il dolore e i traumi vissuti sono troppo forti per essere metabolizzati e c’è bisogno di “proteggersi” in questo modo.
Ma, se lasciamo agli addetti ai lavori queste questioni specialistiche molto molto complesse, possiamo provare a focalizzarci semplicemente sul fatto che dentro di noi ci sono diverse “anime”. Puoi notare chiaramente questo aspetto, per esempio, quando vivi un conflitto di qualche tipo.
Vuoi un esempio? Sempre riducendo all’osso e banalizzando, pensa al conflitto di un giovane trentenne che da un lato vorrebbe farsi una famiglia e, dall’altro, continuare a divertirsi.
In questo caso, vengono fuori due parti ben precise: una parte magari più bambina, che ha voglia di giocare, vivere alla giornata, non avere preoccupazioni; e una parte più adulta, più vicina al modello genitoriale, che invece è responsabile, oculata, affidabile.
Questo per dirti che essere consapevoli di noi stessi significa anche chiederci di volta in volta “chi sta parlando adesso da dentro di me?”: ascoltare e dare legittimità a tutte le nostre parti è fondamentale non solo per conoscerci meglio, ma anche per acquisire una congruenza e un equilibrio sempre maggiori.
Quando sono in studio faccio sempre l’esempio del direttore d’orchestra: le nostre parti sono come i vari strumenti di un’orchestra e noi dobbiamo immaginarci di essere i direttori di questa orchestra. In un certo momento dovrà suonare in maniera più intensa una specifica parte, in altri momenti o situazioni, invece, questa parte dovrà restare in silenzio, e via dicendo.
Per poter dirigere bene un’orchestra devi imparare prima a conoscere ed ascoltare tutti gli strumenti che la compongono, per poi armonizzarli tra loro per creare una composizione che da fuori viene vissuta come “una” e intera.
E qual è l’ingrediente segreto per farlo? Il dialogo interno.
Dialogo interno e consapevolezza
In terapia si lavora molto sul dialogo interno, cioè sulla capacità di far parlare le nostre parti, di metterle insieme, di farle confrontare per arrivare ad un sentire condiviso. Detta così, magari, ti sembrerà facile e, in realtà, questa è una delle cose più complesse che esistano.
Dialogare dentro di noi presuppone che siamo in grado, in primis, di ascoltare le varie parti che portano i loro vissuti e hanno le loro visioni, poi vuol dire essere capaci di dare a tutte pari importanza, rispetto e legittimità e, infine, significa metterle in contatto tra loro in un’ottica collaborativa.
Non voglio scoraggiarti ma, la maggior parte delle volte, non siamo capaci di farlo e ci vogliono mesi e mesi di terapia per riuscirci!
Questo succede perché, spesso, ci sono parti di noi che ci fanno paura, che sono troppo ingombranti, che sono scomode, che non accettiamo: e la vera sfida sta proprio qui.
La sfida è quella di guardarle, di accoglierle, di legittimarle senza rifiutarle, di rispettarle. E se per una vita abbiamo, invece, imparato a silenziarle, o a tenerle a bada perché disturbavano qualcun altro e via dicendo, non sarà così immediato concederci di farle venire fuori.
Esistono parti bambine, alcune più spensierate e allegre, altre molto sole e insicure. Ci sono, poi, parti genitoriali amorevoli e presenti, ma anche altre estremamente rigide e giudicanti. Esistono parti adulte, magari legate ad un ruolo lavorativo, che sono funzionanti e affidabili, e parti “protettive” che tendono ad evitare il dolore o il contatto interno per mantenere un equilibrio basato sull’omertà.
Esistono diverse visioni teoriche di questi aspetti, e i vari approcci psicoterapeutici ne fanno poi un uso clinico diverso a seconda delle impostazioni da cui partono.
Ciò che spero ti sia chiaro dopo questa lettura è che anche dentro di te ci sono queste parti e che, se impari a conoscerle ascoltarle e armonizzarle, potrai aumentare la tua consapevolezza e il tuo equilibrio.
Siccome può essere molto difficile, almeno all’inizio, ragionare in termini di parti prova ad “allenare” la tua consapevolezza giorno per giorno provando a rispondere a domande di questo tipo: “Cosa sto provando in questo momento?”, “Cosa sto pensando?”, “Cosa sento nel corpo?”, “Come sto agendo in questa situazione?”. A partire da questi interrogativi potrebbe essere più facile per te ascoltare quale delle tue parti sta rispondendo e, quindi, iniziare a “studiarla” con curiosità per conoscerla meglio.
Questo è un tema davvero vastissimo, e richiederebbe pagine e pagine di approfondimento: il mio intento in questo breve scritto è stato solo quello di darti un “assaggio” dell’argomento e stimolare dentro di te qualche riflessione.
Sperando di esserci riuscita almeno un pochino, ti lascio qualche testo utile che tocca anche questi aspetti nel caso tu voglia capirci qualcosa in più:
- - “Reinventa la tua vita”, di J. Young e J. Klosko.
- - “Autoanalisi transazionale”, di M. Klein.
- - “Scopri le tue tante facce”, di V. Satir.
- - “Stati dell’Io”, di C. Moiso e M. Novellino.
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.