Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale
Il libro che ti voglio presentare oggi è divenuto ormai un best seller ed è, infatti, molto conosciuto. L’autrice, Robin Norwood, è una psicoterapeuta americana specializzata in terapia della famiglia e, sopratutto, nelle dipendenze affettive.
Ed è proprio la dipendenza affettiva il tema centrale di questo libro, che definirei una sorta di “compendio di vite”: all’interno, infatti, trovi moltissime storie di donne accumunate da un’unica caratteristica. Quella di amare troppo.
La donna che ama troppo è colei che si lega ad un uomo dal quale, molto spesso, non è ricambiata con amore e rispetto, ma con abusi o distanza emotiva. La donna che ama troppo è quella che “si sacrifica” credendo di poter cambiare il suo uomo e di poterlo rendere migliore. Quella che diventa una sorta di “crocerossina” pronta ad assisterlo praticamente ed emotivamente dimenticando, però, se stessa.
La donna che ama troppo è, di solito, quella che arriva da esperienze infantili dove per sopravvivere ha dovuto fare la parte di quella che accudiva invece di essere accudita, che comprendeva invece di essere compresa, che “accusava il colpo” invece di colpire. Il dramma di queste donne si può racchiudere proprio in questa dinamica: ricercano nelle loro vite proprio quelle esperienze di abuso in senso lato che hanno sperimentato da piccole e dalle quali, magari, sono invece convinte di scappare.
Un libro che parla al cuore senza troppi fronzoli, guardando in faccia la realtà così com’è, senza volerla negare o minimizzare. E che “dialoga” con chi lo legge, a prescindere se si trovi o meno in una situazione di dipendenza affettiva. Dialoga nel senso che suscita riflessioni profonde sul senso dell’amore, del dono di sé, dell’essere donna.
E da questo “dialogo” immaginario con l’autrice, ma soprattutto con tutte le donne di cui si racconta la vita e il dolore, possono scaturire nuove consapevolezze, si può accendere la luce della speranza di poter rompere certe catene. Di poter cambiare, ritrovando se stessi e la propria forza interiore.
Infatti, anche se datato, questo libro è, secondo me, di estrema attualità e credo che possa essere un valido “punto di partenza”, sia per le donne che per gli uomini, per decidere finalmente di prendersi cura di se stessi e di smettere di soffrire.
3 COSE CHE HO IMPARATO LEGGENDO QUESTO LIBRO
1. Nasciamo in una relazione e dalla relazione siamo plasmati.
Una delle riflessioni che mi è venuta in mente leggendo questo libro è come, a prescindere dal tipo di esperienza relazionale che ci siamo ritrovati a fare nell’infanzia, ci portiamo dietro un bagaglio importante che, spesso e volentieri, può renderci o più ricchi o solo più appesantiti. Questo per dire che quello che siamo è frutto delle relazioni che abbiamo avuto nella vita, soprattutto delle più precoci.
Ciò non significa che se hai avuto un’infanzia difficile sarai marchiata/o a vita e destinata/o a soffrire: con le mie parole intendo dire che, comunque, ti porterai cucito dentro ciò che è stato. Anche se poi ne farai tesoro in senso positivo compensando le tue mancanze e imparando ad amare te stessa/o ancora prima di “aspettare” l’amore da fuori.
Il tuo bagaglio, positivo o negativo che sia, contribuisce a renderti la persona che sei oggi e influisce su come tu ti relazioni agli altri.
2. Nessuno si salva da solo.
Le esperienze delle donne e degli uomini descritti nel testo mi hanno lasciato un’altra piccola verità: non possiamo (e non dobbiamo) pensare di potercela sempre cavare da soli. Nelle difficoltà chiedere un supporto è sano, oltre che intelligente. Anche ammettere le proprie fragilità davanti a qualcuno disposto ad avvicinarle senza paura può essere motivo di forza, non di vergogna.
E penso, in questo caso, ai gruppi di auto aiuto che molte delle donne protagoniste del libro hanno frequentato, o ai momenti di profonda intimità e condivisione vissuti all’interno della stanza di terapia: il sostegno dato da una relazione autentica, intrisa di fiducia e libertà, è già di per sé curativo e indirizza verso il cambiamento.
Questo non significa che bisogna dipendere da un’altra persona e che da soli non si può vivere: significa che si cresce con e attraverso le esperienze sane di relazione. Siamo, forse, in un’epoca dove l’individualità è esaltata e resa quasi un elemento vincente: paradossalmente, invece, è proprio attraverso il “prendersi cura” reciproco che può verificarsi il cambiamento.
3. Abbiamo il potere di “rompere le nostre catene”.
Leggere questo libro ha rinnovato dentro di me un senso di profonda fiducia nel fatto che esiste dentro di noi una tendenza positiva verso l’autorealizzazione. Una sorta di “spinta” che, anche dal fondo più buio e tenebroso, ci permette di rialzarci e tirarci fuori. Se solo lo vuoi e decidi di impegnarti, hai tutte le carte in regola per modificare ciò che ti fa soffrire.
E qui non ti parlo di miracoli o cambiamenti per forza immensi ed enormi: ti parlo anche, e soprattutto, di piccoli passi che, però, possono davvero fare la differenza. Nella tua “casa interiore” oggi puoi provare a smussare un angolo, domani vai a levigare una data superficie, dopodomani sposti quel piccolo oggetto: il cambiamento non è sempre eclatante e visibile subito in maniera netta.
La maggior parte delle volte è silenzioso e si muove lentamente ma (ed è, forse, qui il bello!), proprio per questo, diventa sempre più “stabile”, tanto da radicarsi dentro di te in maniera indelebile.
CITAZIONE PREFERITA
“Pensate a come si comportano i bambini, e specialmente le bambine, quando sentono la mancanza dell’amore e dell’attenzione che desiderano e di cui hanno bisogno. Mentre un ragazzino di solito diventa collerico e manifesta il suo disagio con un comportamento distruttivo e litigioso, spesso una bambina concentrerà tutta la sua attenzione sulla bambola preferita. Cullandola e coccolandola, e in qualche modo identificandosi con lei, la bambina si impegna in uno sforzo tortuoso per ricevere le cure affettuose di cui ha bisogno. Da adulte, le donne che amano troppo fanno la stessa cosa, forse in modo meno evidente e più elusivo. In generale, ci prendiamo sempre cura di qualcuno o di qualcosa. (…) Siamo attratte da chi è in una situazione di bisogno; piene di compassione, ci identifichiamo con il suo soffrire e cerchiamo di alleviarlo, per lenire la nostra stessa sofferenza”.
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.