Lutto ed elaborazione del lutto
Qualche post fa abbiamo parlato del lutto e delle fasi della sua elaborazione. Immagino che, a prescindere dal fatto che tu ti trovi nella situazione o meno, non sia facile guardare in faccia queste tematiche.
Paradossalmente, la morte fa così naturalmente parte della vita che tendiamo quasi a dimenticarcelo e ad allontanare l’idea come se questo potesse, in qualche modo, “proteggerci” da un destino ineluttabile.
Risulterò impopolare e scomoda, ma ti ribadisco che così facendo perderai un’opportunità: quella di conoscerti meglio e, soprattutto, di vivere meglio.
Ci sono persone che si illudono di essere onnipotenti e vivono cercando di dimostrare questa cosa a loro stessi e agli altri: il risultato è che rischiano di perdere di vista ciò che conta davvero. Viceversa, ci sono persone che sono talmente preoccupate di stare male o perdere ciò che hanno che finiscono per “sopravvivere” invece di vivere: di nuovo, il risultato è che rischiano di perdere di vista ciò che conta davvero.
Ecco che, allora, imparare dalle nostre perdite (che, come abbiamo visto, non significano solo lutti …) può rappresentare una grande sfida per tutti noi: accettare e poi superare il dolore di una perdita può essere una strada per crescere interiormente, per dare un senso alla tua vita, e per vivere invece di sopravvivere o di illuderti che la morte non esista.
Non c’è un modo giusto o sbagliato di affrontare il dolore della perdita: ognuno reagisce a suo modo e non è per questo giudicabile. Come abbiamo visto, ci possono essere delle fasi che fanno un po’ da “metro di giudizio” e ti possono far capire se stai portando a termine il tuo lutto in maniera funzionale o meno.
Non mi permetto di dirti come stare nel tuo dolore. Anzi, sento di averne grande rispetto e sono consapevole che sto trattando un argomento difficile e delicato, da maneggiare con molta cura. Quello che posso fare qui è darti degli spunti di riflessione per provare ad avvicinare il tuo dolore e trasformarlo in qualcosa di vitale e produttivo.
Ribadisco il fatto che, se senti che le tue difficoltà sono molto grandi, è importante che ti fai coraggio e che contatti un professionista per essere sostenuta/o nell’affrontare il tuo dolore.
- Avvicina la tua ferita.
Non aver paura del dolore, ma esprimilo. Butta fuori più che puoi tutte le emozioni che senti rispetto alla tua perdita, siano esse costituite più da tristezza e senso di solitudine, o più da una rabbia infinita. Se può esserti utile, prova a respirare dentro le tue sensazioni: ho parlato di questo qualche post fa in merito alla paura.
Respirare dentro significa fare spazio anche al tuo dolore e alla tua ferita, in modo da avvicinarla e prendertene cura: più cerchi di eliminare o evitare la sofferenza senza affrontarla, più questa aumenta e diventa grande e senza via d’uscita.
La meditazione può essere una buona strada per entrare in contatto con le tue sensazioni e, quando il dolore è troppo forte o i pensieri affollano la tua mente, può insegnarti davvero a prenderne un po’ le distanze concentrandoti sul presente e su ciò che sperimenti con i tuoi sensi.
- Non ti isolare.
Ora più che mai hai bisogno degli altri e del contatto umano per poter condividere il tuo dolore. Invece, spesso, la tendenza è quella di chiudersi in se stessi, isolarsi, non uscire più con gli amici … proprio perché si pensa che starsene rinchiusi a “leccarsi le ferite” sia un buon modo per curarle e anche, forse, per onorare il dolore.
Se sto male per qualcosa come faccio ad uscire con gli amici o fare altre attività? Non è giusto verso la persona che ho perso, sarei egoista e cattiva/o, significherebbe che non mi importa nulla di ciò che ho perso: chiediti se, per caso, qualche pensiero di questo genere ha mai attraversato la tua mente.
Oppure ti dici che tanto è inutile parlare perché nessuno può capire il tuo dolore, perché solo tu puoi capire cosa hai nel cuore. Certo, il tuo dolore non sarà mai uguale a quello di un altro e comprensibile del tutto, ma può assolutamente essere condiviso e accolto. Questo ti darà la sensazione di essere meno sola/o e di portare questo peso con un sostegno in più.
Considera che esistono diverse realtà di gruppo dove le persone che hanno subito delle perdite si ritrovano per parlare, per non restare sole nel loro dolore: questo può davvero fare la differenza nella tua vita.
- Prova a smettere di rimuginare.
Andare a cercare il “colpevole” del tuo dolore non ti serve. Immaginare cosa potevi fare e non hai fatto, o cosa altri potevano fare e non hanno fatto non allevierà la tua sofferenza.
Spesso ci ritroviamo a rimuginare su ciò che nella nostra vita non è andato come volevamo, con il risultato di peggiorare solo le cose e di permettere ai nostri pensieri di influenzare i nostri stati d’animo e, a volte, anche i nostri comportamenti.
Impara pian piano ad accogliere i tuoi pensieri ripetitivi per quello che sono, cioè come un modo “maldestro” di arginare il fiume in piena del tuo dolore. Purtroppo non puoi cambiare quello che è successo, ma puoi cambiare il tuo modo di leggere ciò che è stato e di rispondervi.
Allora accogli i tuoi pensieri senza giudicarli, stai ad ascoltare ciò che si nasconde oltre le parole e poi salutali lasciandoli andare.
- Rispetta i tuoi tempi.
Non pensare che “devi sbrigarti” a dimenticare o a superare il tuo lutto, come se ci fosse davvero una sorta di “data di scadenza” per il dolore. Anzi, più sarai impaziente di superare uno stato doloroso più questo resterà così com’è. Un conto è fare pace davvero con quello che è successo, altro è pensare di doversi per forza riprendere dopo un tot di tempo: questo vuol dire non accettare davvero la sofferenza, ma solo volersene sbarazzare.
Certo, per certi versi questo è più che lecito: chi sarebbe disponibile a sguazzare nel dolore tanto per farlo? Giustamente, nessuno. Ma se non ci “passi attraverso” e pensi di poterlo solo sfiorare velocemente, in modo da farlo svanire per magia sei, mi dispiace dirtelo, un po’ fuori strada.
Non aver paura, arriveranno tempi migliori e la tua ferita smetterà di sanguinare: è necessario, però, sopportare il dolore di una sutura e i tempi di cicatrizzazione.
- Coltiva una “presenza in assenza”.
Prova a concentrarti sul legame con la persona che hai perso, riporta alla luce i bei ricordi o gli insegnamenti che senti di voler custodire dentro di te. La morte non rompe la relazione con le persone che ami, perché l’eredità “emotiva” del tuo rapporto resta e, anzi, diventa una nuova base sulla quale ricostruire il tuo legame.
Una relazione che sarà, certo, molto diversa da prima, ma che resterà tale anche se la persona che ami non è più con te fisicamente. Sarà diversa per forza di cose, e perché l’esperienza che hai vissuto inevitabilmente ti cambierà: diversa si, dimenticata o inesistente mai.
- Prenditi cura di te.
Prova a spostare l’attenzione su ciò che c’è ancora nella tua vita, e anche su quello che puoi ancora costruire. Ciò significa ricominciare a fare dei piccoli progetti, come andare in palestra, coltivare un interesse o un hobby che hai dimenticato.
Prova ad affrontare pian piano la tua perdita dandole un senso nuovo, trovando il tuo significato. Spesso uno degli ostacoli più grandi al superamento di una perdita è proprio l’incapacità di trovare un senso che dia dei motivi per vivere: come puoi canalizzare le energie che spendi a pensare a ciò che hai perso in un modo che sia più funzionale per te e per gli altri?
Ci sono dei progetti che ti piacerebbe portare avanti? Penso, per esempio, a tutti quegli esempi di rinascita che vediamo spesso in alcuni genitori che hanno perso un figlio per una malattia, e decidono di creare associazioni o strutture per aiutare ed essere vicini a chi vive ciò che hanno vissuto loro.
Se il tuo dolore può generare vita è costruttivo e salvifico. Se genera chiusura e morte non aiuta né te né gli altri, ma resta stantio e fine a se stesso.
Finisco il mio breve spunto di riflessione salutandoti con delle parole che mi hanno molto fatto commuovere e riflettere la prima volta che le ho lette (ti ho già messo un elenco di testi per approfondire nel post precedente …). Secondo me, sono parole che lasciano un senso di “speranza” rispetto al fatto che i legami restano tali anche dopo la morte.
Si tratta di un testo del 1910, scritto da Henry Scott Holland e si intitola La morte non è niente.
La morte non è niente. Non conta.
Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu
e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme è immutata, intatta.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora.
Chiamami con il vecchio nome familiare.
Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce.
Non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Sorridi, pensa a me e prega per me.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.
Pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto.
È la stessa di prima.
C'è una continuità che non si spezza.
Cos'è questa morte se non un incidente insignificante?
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo.
Va tutto bene; nulla è perduto.
Un breve istante e tutto sarà come prima.
E come rideremo dei problemi della separazione quando ci incontreremo di nuovo!
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.