Se li conosci non li eviti
Se siete genitori, nonni, zii, educatori in genere e chi più ne ha più ne metta, vi sarete certamente imbattuti in quella manifestazione “anomala” e per niente simpatica chiamata capriccio. E, ancora peggio, adesso che la maggior parte di noi è in vacanza con i bambini sembra sia tutto più amplificato. Lotte perenni per fare qualsiasi cosa, tornei dove vince chi grida di più, sofisticate “manovre psicologiche” per convincere i nostri figli a fare quello che vogliamo far loro fare.
Sto, naturalmente, ironizzando ed estremizzando ma, di fatto, quello dei capricci è un nodo difficile da sciogliere per molti di noi. Chiama in causa il nostro senso di fallimento, ci fa sentire dei genitori incapaci e inadeguati, ci fa preoccupare di non essere in grado di stare dietro ai nostri figli, ci fa stancare enormemente e ci fa perdere la pazienza.
E quando si è stanchi ed esasperati, si sa, si finisce per cedere pur di far calmare le acque o si passa a comportamenti poco funzionali che, purtroppo, finiscono per insegnare ai bambini che per ottenere un qualcosa bisogna usare il “pugno duro”.
Ma esistono davvero i capricci?
Siamo, senza dubbio, tentati di etichettare come capriccio un comportamento “irrazionale” di nostra/o figlia/o, spesso impulsivo e resistente sia a minacce che a spiegazioni approfondite. E diciamo che si tratta di capricci perché “non c’è motivo di fare una scenata del genere!”, o perché gli abbiamo appena preso una cosa e già ne pretende un’altra. O perché, semplicemente, ciò che i nostri bambini vogliono non è ciò che vogliamo noi.
Quando un bambino fa i capricci sta comunicando qualcosa, che ci piaccia o no. Ci sta dicendo che prova disagio, che sente frustrazione dentro di sé.
I motivi dietro un capriccio possono essere diversi, e sono spesso di natura relazionale. Potrebbe succedere che la vostra famiglia stia attraversando un momento delicato di vita (un lutto, l’arrivo di un fratellino, una separazione): il capriccio potrebbe essere un modo del bambino di “mettere alla prova” la relazione con voi. “Mi vuoi bene lo stesso mamma/papà?”, “ci sarai per me?”: questo è quello che i nostri figli potrebbero chiedere attraverso un capriccio.
Ancora, nei comportamenti capricciosi entrano in gioco fattori legati all’autonomia e all’affermazione di sé. Fattori che sono molto frequenti in bambini che stanno crescendo e che, quindi, stanno portando avanti il loro normale processo di separazione-individuazione dalle figure genitoriali. Ma non voglio parlare psicologese: voglio solo sottolineare il fatto che quando nostro figlio fa i capricci tenta di “imporre” il suo sistema motivazionale, vuole affermare se stesso e mettere alla prova la sua autonomia. Vuole vedere, forse, fino a dove può spingersi e anche quali sono i suoi limiti. E, soprattutto, se mamma e papà sono in grado di mettere un limite, oltre che di riconoscerlo come persona separata con delle preferenze e dei diritti.
Il capriccio permette anche al bambino di sperimentare se sei in grado di contenerlo, di accogliere le sue forti emozioni. Possiamo dire che attraverso il capriccio tua/o figlia/o ti sta dicendo “mamma/papà aiutami, perché non sono capace di gestire le mie emozioni in questo momento di crisi e ho bisogno che tu mi aiuti a farlo”.
Quindi, se leggiamo il capriccio come una forma di comunicazione “evolutiva”, attraverso la quale il bambino esprime un disagio, ma anche un bisogno, forse potremmo iniziare a rispondervi in maniera un po’ diversa. Non sto dicendo “bambini da domani tutti a fare i capricci, perché mamma e papà hanno capito che sono bisogni e vi asseconderanno in tutto!”. Il mio intento è di dare una lettura “alternativa” al capriccio, che tra l’altro è spesso liquidato con un “tanto lo fa apposta!”. Lo fa apposta? Non credo.
Possiamo, quindi, dire che il capriccio è una COMUNICAZIONE, che esprime un BISOGNO in un momento di CRISI, dove spesso e volentieri entrano in gioco dinamiche legate a RELAZIONE, AUTONOMIA e AFFERMAZIONE PERSONALE.
5 “linee guida” per gestire un capriccio
1. Cerca il più possibile di far vedere a tua/o figlia/o che sei d’accordo con il tuo partner
Uno degli errori che vedo più frequentemente commettere ai genitori è quello di essere discordi in merito a molte questioni educative. Ciò che per un genitore è grave, per l’altro è di poco conto e via dicendo. E’, naturalmente, possibile avere una differenza di vedute rispetto all’educazione dei figli: il problema nasce quando questa non concordanza è palese agli occhi dei bambini.
E, allora, il bambino imparerà che per certe cose potrà fare leva sulla mamma e per altre potrà andare dal papa, con conseguente reazione di frustrazione e fastidio da parte del genitore in quel momento contrario a quella specifica richiesta. Se non sei d’accordo con ciò che il tuo partner ha “permesso”, non dirlo davanti a tua/o figlia/o, tantomeno non fare il diavolo a quattro per cambiare quella decisione. Questo sarà solo confusivo per il bambino, e non gli darà l’idea di una coppia genitoriale salda e congruente a cui potersi affidare.
Davanti al bambino conferma la decisione del tuo partner anche se non sei d’accordo e poi discutine in privato. Infatti, è molto importante che come genitori troviate un punto d’incontro in merito alle questioni educative per voi più importanti.
2. Mostrati ferma/o
Ti è mai capitato di essere al supermercato e di vedere la solita scena del bambino che urla perché vuole che la mamma gli compri una data cosa? Di solito succede che il genitore si oppone ma, quasi sempre, il bimbo si butta per terra, urla, piange come se lo stessero squartando e, puntualmente, il genitore compra quello che vuole. Attenzione, non voglio puntare il dito contro nessuno: chi più chi meno, prima o poi cadiamo tutti in questa trappola!
Capisco e so benissimo come può essere fastidioso e difficile fare queste scenate in mezzo alla gente. Tanto più se, quasi sempre, inizi a sentire quella vocina dentro di te che ti dice “chissà cosa penseranno gli altri di me”, “meglio che sta volta cedo, se no pensano che non sono un bravo genitore” … ti torna o no? Io credo di si, o almeno a me è tornato parecchie volte.
Se tu cedi, però, che cosa stai insegnando a tua/o figlia/o? Nella migliore delle ipotesi, che hai cambiato idea a causa dei suoi capricci, che quindi diventano in automatico la migliore soluzione per ottenere ciò che vuole. Ipotesi un pochino più bruttina, che le emozioni “negative” (rabbia, tristezza, frustrazione ecc e
cc…) non sono ben accette e devono essere “debellate” al più presto.
Ipotesi ancora più complicata: che non sei decisa/o, che hai “paura” delle sue reazioni e non sai fronteggiarle. E, quindi, se gli dai l’idea di non saperla/o contenere, da chi potrà andare per imparare a modulare le sue emozioni?
Se hai preso una decisione (chiaramente se la reputi funzionale per tuo figlio) mantienila. Anche se questo vuol dire vederla/o soffrire o fare il diavolo a quattro. Anche se questo ti mette in difficoltà davanti agli altri e ti fa sentire esposta/o al giudizio. E’ più importante per la sua crescita che tua/o figlia/o ti percepisca salda/o, che ti veda come un porto sicuro. Stabile e affidabile.
3. Dai a tua/o figlia/o la possibilità di esprimere la sua energia
Quando un bambino fa i capricci, spesso attraversa una sorta di escalation: se alle ripetute sue richieste riceve un no, la sua frustrazione inizia a salire e raggiunge un punto di massima intensità. Che poi è quello che possiamo notare quando piange, quando urla disperata/o, quando è agitata/o. E, nei casi più complicati, quando è aggressiva/o fisicamente verso cose o persone.
In questi momenti non serve a nulla parlare, tanto i bambini non sono ricettivi e non possono ascoltare. Non è che non vogliono, non possono. Non possono perché sono dominati da emozioni che non sanno ancora controllare in maniera adeguata. Meglio, quindi, lasciare venire fuori questa energia: ciò non vuol dire aspettare che distruggano qualcosa o si facciano male, ma dare loro il tempo di “fare uscire” un pochino questo marasma emozionale.
Se blocchi questa energia soddisfacendo subito la richiesta, o soffocandola con un rimprovero più o meno coercitivo (sempre che ti stia ad ascoltare…) non gli hai permesso di fare esperienza. Anche della frustrazione, della delusione, della rabbia, della noia, dell’impotenza.
4. Dai contenimento
Questo è uno degli aspetti fondamentali nella gestione dei capricci: il bambino ha bisogno di sentirsi “protetto da se stesso”. In una fase di vita dove non è in grado di mettersi un limite perché non ne ha la capacità, il suo limite devi essere tu. Ma non limite nel senso di rigore e regola ferrea: limite nel senso di contenimento. Devi essere in grado di “prendere” le emozioni che lui non sa digerire e farlo al posto suo. Quanto meno nella fase della crisi acuta.
Viene, invece, automatico mettersi sulla difensiva: se mi sento aggredito, messo in discussione o messo alla prova io aggredisco a mia volta. Anzi, siccome sono più grande e più capace possibilmente ti metto in scacco e ti faccio vedere pure chi comanda! E il bambino si ritrova da solo a dover gestire una valanga emotiva che non sa gestire, sentendosi anche (forse) allontanato e rifiutato quando avrebbe maggiormente bisogno di aiuto.
Contenere, per esempio, può significare abbracciare il tuo bambino quando ha i suoi momenti: un abbraccio può essere un comportamento di STOP molto diverso dalla coercizione fisica che blocca il movimento, o dallo “strattonamento” per cercare di farla/o “svegliare”. Abbracciare significa “non mi fai paura e non mi stai facendo del male. Posso accogliere quello che stai provando e ti aiuto ad ordinarlo dentro di te”.
5. Dagli il tempo di calmarsi
Ci sono dei bambini che quando sono arrabbiati hanno bisogno di essere “lasciati in pace”. Dopo averli contenuti, e aver passato loro il messaggio che quello che è successo si può gestire, potrebbe essere funzionale lasciarli un po’ decantare l’accaduto. E’ possibile che dopo un abbraccio o un’altra forma di contenimento (meglio se non verbale) il bambino non si sia ancora calmato. In questo caso, avendogli già passato il messaggio che lui e le sue emozioni sono ok e che, al massimo, non sono ok i suoi comportamenti, ci si può allontanare un attimo.
Chiaramente la gestione di questo momento dipende molto da dove ci troviamo o da cosa stiamo facendo: se siamo in casa, potrebbe essere funzionale identificare un punto della sua cameretta o di un’altra stanza dove lui può calmarsi. Questo non vuol dire mandarla/o in castigo! Mettendo un cuscino colorato per terra, con sopra qualche peluche preferito, potreste provare a creare il suo “angolino della calma”: un posto ben preciso che il bambino può usare per andare a ritrovare un po’ di calma, magari distraendosi con i suoi pupazzi preferiti.
Dipende dall’età del bambino, ma è frequente vedere i bambini usare i pupazzi per “rimettere in scena” la crisi appena verificatasi, impersonando il genitore o se stessi, o entrambe le parti. Questo serve molto per aiutarli ad elaborare e a dare un significato a ciò che è accaduto.
Se siete fuori, chiaramente tutto è un po’ più difficile: potrebbe essere utile provare a spostare la loro attenzione su altro. Coinvolgerli in quello che si stava facendo, attirare la loro attenzione su un particolare dell’ambiente, dare loro delle piccole “responsabilità” da fare nell’immediato che possono farli sentire gratificati e importanti.
6. Rispettala/o spiegando il perché
Solo quando il bambino si sarà calmato, avrà la possibilità di ascoltare davvero le nostre parole. E’ in questo momento che è utile riprendere il discorso e andare a mettere ordine in quello che è successo. Ripetere a tua/o figlia/o ciò che è successo aiuta a dare un senso agli eventi e la/o rassicura.
Altro aspetto importante è quello di dare un nome alle emozioni dei nostri figli (e quindi sforzati di comprenderle!) per rendergliele più comprensibili ma, soprattutto, è importante dare loro legittimità. Passa a tua/o figlia/o il messaggio che tutte le emozioni, più o meno “positive”, hanno diritto di esistere dentro di sé e, anzi, sono ben accette.
Quando parli con tua/o figlia/o e devi, per varie ragioni, dire un “no” motiva sempre il perché: questo fa sentire il bambino rispettato, e non sottomesso. Il segreto è provare a diventare autorevoli e non autoritari. La persona autoritaria è quella che dice “no e basta, perché lo dico io!”; la persona autorevole dice “capisco che ti senti così e questo mi dispiace molto, ma in questo momento non posso darti quello che vuoi per questi motivi” … suona un po’ diverso o no?
Le mie linee guida finiscono qui ma, prima di salutarti, voglio ricordarti un’altra cosa: quando tua/o figlia/o fa qualcosa che per te è ok gratificala/o, rinforza quel comportamento in modo che possa “consolidarsi”. E, suggerimento ultimo ma non meno importante, quando fa qualcosa di sbagliato ricordati sempre di mettere in discussione il comportamento e non la persona. Questo è un aspetto saliente per la crescita di tua/o figlia/o: se lo fai, contribuisci in modo rilevante al suo benessere psicologico.
Quindi cosa puoi fare, adesso, per migliorare il tuo modo di reagire ai capricci dei tuoi figli?
Se ti va di leggere qualcosa per approfondire il tema della genitorialità ti consiglio:
- “Genitori Efficaci” di Thomas Gordon
- “Smettila di fare i capricci” di Roberta Cavallo e Antonio Panarese
- “Sviluppo affettivo e ambiente” di Donald Winnicott
Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.